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La Commissione dell’inutilità. L’indagine parlamentare sul COVID come simulacro giuridico nella crisi dell’ordine politico.

Prof. Daniele Trabucco

La legge ordinaria dello Stato 05 marzo 2024, n. 22, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 61 del 13 marzo 2024, ha istituito, conformemente all’art. 82 della Costituzione della Repubblica Italiana vigente, una Commissione parlamentare d’inchiesta bicamerale sulla gestione dell’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del virus SARS-CoV-2 e sulle misure adottate per prevenirla e affrontarla.

La disposizione costituzionale sopra citata attribuisce a ciascuna Camera il potere di disporre inchieste su materie di pubblico interesse mediante commissioni dotate degli stessi poteri e limiti dell’autorità giudiziaria.

L’atto legislativo che ne sancisce la nascita, formalmente conforme alla norma fondamentale, si pone, tuttavia, al centro di una profonda aporia teorico-giuridica e politico-filosofica.

La Commissione, così istituita, appare priva della capacità ontologica e normativa di adempiere al fine dichiarato, risultando un artificio giuridico inefficace nel contesto di una crisi sistemica del diritto stesso.

La pandemia da SARS-CoV-2 ha rappresentato una cesura epocale non solo nell’ambito sanitario, ma anche, e soprattutto, nella struttura della razionalità giuridica moderna.

La gestione dell’emergenza ha, infatti, determinato una dilatazione della categoria dell’eccezione, in cui le norme generali sono state piegate alle esigenze immediate della contingenza, dando luogo a una torsione del principio di legalità.

In tale contesto, l’ordinamento ha agito in funzione strumentale a decisioni politiche dettate dalla tecnocrazia e dalla pressione mediatica, più che da una ponderata “ratio legis”.

Questo disallineamento tra norma e realtà, tra diritto positivo e giustizia oggettiva, rende problematica la pretesa di una Commissione parlamentare di restituire una ricostruzione veritativa fondata su criteri giuridicamente e ontologicamente stabili.

È qui che emerge la prima, radicale aporia:

la Commissione d’inchiesta, pur rivestendo una funzione ricognitiva e conoscitiva, resta confinata entro i limiti della legalità formale. I suoi poteri, per quanto assimilabili a quelli dell’autorità giudiziaria in fase istruttoria, non sono accompagnati da una capacità giurisdizionale e non si traducono in atti aventi efficacia vincolante o sanzionatoria.

Ne deriva che ogni sua conclusione si limita a produrre un effetto politico, simbolico o eventualmente retorico, ma privo di reale incidenza sul piano dell’ordinamento giuridico sostanziale.

La sua azione è destinata a rimanere nella sfera dell’opinabile, priva com’è di quella “auctoritas” che, nel pensiero classico, era inseparabile dal verum, dal giusto, dal bene.

Sul piano più propriamente filosofico, il fallimento implicito della Commissione si radica nella crisi dell’epistemologia politica e giuridica contemporanea. La pretesa di ricostruire “ciò che è accaduto” attraverso una narrazione istituzionale presuppone un concetto di verità che la modernità tardiva ha progressivamente svuotato di senso.

Non esiste, nel paradigma post-positivista, una verità normativa oggettiva alla quale riferirsi per giudicare l’operato dei decisori pubblici. Tutto è ridotto a esiti procedurali, a bilanciamenti discrezionali, a valutazioni di opportunità.

In tale cornice, la Commissione non può che riprodurre il relativismo conoscitivo da cui è nata l’emergenza stessa, perpetuando un modello di razionalità debole, procedurale e storicamente connotata, incapace di fondarsi su principi universali e immutabili.

A ciò si aggiunga una crisi più profonda, quella della stessa idea di potere politico.

La gestione della pandemia ha segnato il tramonto della distinzione classica tra “imperium” e “regimen”, tra potere normativo e orientamento al bene comune.

L’autorità si è trasformata in pura funzione amministrativa, secondo la logica della governance, che non conosce finalità ontologiche ma solo efficacia operativa.

È in questo contesto che si rivela l’inutilità della Commissione:

essa pretende di esercitare una funzione ordinante e veritativa all’interno di un sistema che ha rinunciato a ogni teleologia politica, e che ha dissolto la sovranità nella molteplicità di apparati, comitati tecnico-scientifici e poteri diffusi.

Lungi dal recuperare un ordine politico-giuridico fondato sulla legge naturale, essa si pone come l’ennesima articolazione di un potere che ha abbandonato ogni ancoraggio metafisico.

Commissione parlamentare

Ne consegue che la Commissione non è solo inutile nel senso pratico del termine, ma è logicamente contraddittoria nel suo presupposto fondante. Essa tenta di ricondurre a unità un evento che ha segnato il trionfo della frammentazione decisionale, della retorica emergenziale, dell’atomizzazione della responsabilità.

In mancanza di un principio superiore di giustizia, capace di guidare il giudizio politico, ogni atto conoscitivo della Commissione resta imprigionato nella contingenza delle opinioni, delle convenienze partitiche, delle pressioni ideologiche. Non può esserci giustizia se manca un ordine, e non può esservi ordine se non si riconosce un ordo essendi a cui conformare il ordo operandi delle istituzioni.

In conclusione, la Commissione parlamentare d’inchiesta istituita dalla legge formale n. 22/2024 rappresenta un tentativo vano di ripristinare ex post una razionalità politica e giuridica che l’intero paradigma emergenziale ha negato in radice.

Essa si presenta come simulacro di un’autorità che non esiste più, come forma vuota priva di sostanza ontologica, come espressione di un diritto che ha smarrito la propria finalità essenziale: la realizzazione del bene comune secondo giustizia.

In ultima analisi, essa è il riflesso speculare della crisi della modernità giuridica, che ha rinunciato alla verità in nome del potere, e alla giustizia in nome dell’efficienza.

La sua inutilità, pertanto, non è un accidente, ma l’esito necessario di un sistema che ha reciso le proprie radici classiche, metafisiche e teologiche.

Fonte: sindacatodazione

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