VACCINI COVID/ Quando i fatti (testardi) smontano le cattive sentenze
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Con l’emergere di fatti nuovi, soprattutto sui danni da vaccino, si moltiplicano le indagini della magistratura. Ed emerge ciò che è realmente accaduto.

Che le sentenze “politiche” della Corte Costituzionale del 9 febbraio sulla questione vaccini non fossero “tombali” lo si era capito subito. Prima i ricorsi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea e alla Cedu, poi una serie di esposti e denunce. Con l’emergere di fatti e verità nuovi, soprattutto sui danni da vaccino, non passa giorno che una associazione o sindacato chieda alla magistratura di fare indagini, accertare la verità, individuare i responsabili. È come una pentola in lenta ma incontenibile ebollizione.

Effetti avversi ed esposti in Procura

Per il personale delle forze dell’ordine, sicurezza e soccorso pubblico, l’obbligo vaccinale è stato introdotto dal 15/12/2021 al 15/6/2022, come per la scuola. Da inizio 2021 queste categorie erano comunque fra le prioritarie a ricevere il vaccino, e le prime a segnalare effetti avversi anche mortali. In marzo, a Catania, poco dopo la dose di Astrazeneca morì un giovane sottoufficiale di marina che aveva avuto una pregressa infezione asintomatica. Con un test sierologico preventivo avrebbe potuto salvarsi, ma il ministero della Salute pervicacemente non lo raccomandava, e la Corte Costituzionale ha avallato in pieno questa posizione.

Recentemente, a parlare di 10mila militari con seri problemi di salute post vaccino, è stato il sindacato Cosap di Torino, mentre un dettagliato esposto/denuncia è stato presentato dal sindacato di polizia LeS. Il segretario regionale per la Campania, Antonio Porto, lo ha depositato alla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere. A fine dicembre 2022, lo stesso Porto aveva presentato un esposto simile alla procura di Catanzaro, in seguito alla morte improvvisa di un poliziotto di 42 anni. Si chiede di indagare sulla somministrazione di farmaci “imperfetti e nocivi” per la salute dei cittadini e sui responsabili, con riferimento ai reati di cui agli articoli 443, 445, 575 e 582 del codice penale.

L’esposto, che ha avuto ampio riscontro mediatico, è molto corposo e corredato dalla relazione di esperti. Il dato di base, che ha spinto a chiedere una indagine giudiziaria, è l’importante numero di eventi avversi tra le forze dell’ordine. In Campania si registrano almeno 15 decessi improvvisi nel periodo 2022-2023, tutti di persone di giovane età.

Aifa e ministero della Salute hanno autorizzato la somministrazione generalizzata dei vaccini anti-Covid e raccomandato ripetute dosi aggiuntive oltre a quelle inizialmente previste. D’altra parte, però, la stessa Pfizer ha ammesso in diverse occasioni che i prodotti messi in commercio, con autorizzazione condizionata, presentano aspetti non noti, tanto che le schede informative (bugiardini) sono state aggiornate ben 14 volte. Sconosciuti sono gli effetti a medio e lungo termine. Insomma, il fatto di avere dovuto procedere “alla velocità della scienza” ha comportato l’accettazione del rischio di problemi di sicurezza che possono emergere via via.

A sostegno della tesi dei medicinali “imperfetti”, quindi pericolosi per la salute, lo studio del dottor Gabriele Segalla, biochimico, tratta di “Criticità chimico-fisiche e potenziale tossicologico dei nanomateriali lipidici contenuti in un vaccino a mRNA”. Nel formulato è stata riscontrata la presenza di due eccipienti funzionali mai usati prima in un prodotto medicinale, né registrati nella Farmacopea Europea.

Le attuali “Schede di Dati di Sicurezza” del fabbricante risultano pertanto omissive e inadempienti. Si consigliano ulteriori verifiche in merito, con riferimento all’articolo 10 del Codice di Norimberga: “Durante l’esperimento lo scienziato responsabile deve essere pronto a interromperlo in qualunque momento se indotto a credere che la continuazione dell’esperimento comporterebbe probabilmente lesioni, invalidità o morte per il soggetto umano”.

Un altro aspetto da indagare riguarda la somministrazione di vaccini a cui, in prossimità della scadenza, è stata allungata la data di validità da 6 a 9 mesi. Ema e Aifa hanno recepito una comunicazione di Pfizer, senza che esistano degli studi scientifici pubblicati che consentano di ritenere sicuro ed efficace il farmaco oltre la data di scadenza inizialmente indicata.

L’avvocato penalista Antonietta Veneziano di Avvocati Liberi, che ha redatto l’esposto, si sofferma sulle scelte governative contrarie al principio di precauzione, tanto da configurare le ipotesi di reato di cui agli articoli 575 e 582 del Codice penale (omicidio e lesione personale). Il ragionamento è questo. A settembre 2021 è uscito il nono rapporto Aifa sui vaccini anti-Covid, che aveva riportato la segnalazione di 608 decessi post vaccinazione, di cui 16 sicuramente correlati, e di 17 eventi gravi ogni 100.000 dosi somministrate. A quella data l’obbligo vaccinale era stato imposto solo alla categoria dei sanitari, e di fronte all’emergere di questi dati “ufficiali” (a cui successivamente si sono aggiunti quelli ufficiosi ancora più scioccanti), il decisore politico avrebbe dovuto prenderne atto e quantomeno rivalutare l’opportunità di mantenere in vita questo obbligo. Al contrario, si è scelto di procedere con la vaccinazione di massa universale (compresi donne in gravidanza, immunodepressi, bambini sotto i 12 anni e guariti) e con l’estensione dell’obbligo a categorie crescenti di popolazione. Ma se c’era la consapevolezza che alcune persone avrebbero potuto morire o subire lesioni gravi, accettandone il rischio, secondo l’avvocato Veneziano sul piano penale questo può comportare la possibilità di “omicidio commesso con dolo eventuale”. Spetterà alla Procura fare accertamenti e stabilire le responsabilità.

Va ricordato che di denunce ai sensi dell’articolo 443 del Codice penale (commercio o somministrazione di medicinali guasti o imperfetti), ai tribunali d’Italia ne sono arrivate parecchie. L’ex senatore Gianluigi Paragone ne ha presentata una alla Procura della Repubblica di Roma ancora nel 2021, sostenendo la pericolosità del vaccino Pfizer e integrandola successivamente con diverse memorie e studi scientifici.

La sentenza del tribunale militare di Napoli

Il tribunale militare di Napoli doveva pronunciarsi riguardo alla vicenda di un militare che si era presentato in caserma senza esibire il green pass in quanto non vaccinato. Il Pm chiedeva il rinvio a giudizio per “forzata consegna”, mentre la difesa sollecitava una sentenza di non luogo a procedere. Secondo il Gup Andrea Cruciani “il fatto non sussiste per difetto del requisito di necessaria offensività della condotta”. Non c’era insomma alcun rischio maggiore per la salute pubblica rispetto all’ingresso di soggetti vaccinati e provvisti di green pass (sent. 10/3/2023).

Ma come motiva il giudice questa tesi che smentisce totalmente la storica frase del presidente del Consiglio Draghi “Non ti vaccini, ti ammali, muori, oppure fai morire”? Quasi con le stesse parole scritte da altri giudici alcuni mesi fa: è un “fatto notorio”, un “dato incontrovertibile” che emerge dal naturale accadimento dei fatti (id quod plerumque accidit) che l’efficacia dei vaccini si è rivelata prossima allo zero (Trib. L’Aquila, sent. 23/11/2022; Trib. Firenze, sent. 31/10/2022; Trib. Padova, ord. 28/4/2022). I soggetti vaccinati possono contrarre il virus e trasmettere il contagio. Dal punto di vista epidemiologico, vaccinati e non vaccinati sono sostanzialmente equivalenti (tutt’altra questione non inerente al caso in esame – viene precisato – è l’idoneità a prevenire forme di malattia grave).

Rispetto alle precedenti e analoghe sentenze, c’è di mezzo però la pronuncia della Corte Costituzionale che ha blindato l’intero impianto normativo del governo Draghi (sentenze 14-15-16/2023). Il giudice di Napoli sostiene la sua autonomia di giudizio. Primo, perché si tratta di sentenze di inammissibilità e infondatezza e non hanno effetto vincolante a livello interpretativo per i giudici di merito. Secondo, perché l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge spetta solo ed esclusivamente alla Corte di Cassazione, quale organo supremo della giustizia.

Ma la sentenza di Napoli “prende le distanze” dall’interpretazione della Consulta proprio nel merito del “ce lo dice la scienza di Stato”, quella fondata esclusivamente su Aifa, Iss e ministero della Salute. “La scienza – spiega il giudice –  allorché studia e ricerca un fenomeno ancora ignoto, quale appunto è un nuovo virus, non è costituita da un monolitico blocco di granitica certezza, bensì si manifesta inizialmente nella forma di ipotesi scientifiche alternative e spesso contrastanti. Il giudice non può limitarsi a recepire passivamente e supinamente dei dati scientifici ancora non definitivi e provvisori, sia pure se provenienti dalle autorità nazionali e internazionali preposte alla ricerca scientifica, con apodittici richiami a tali dati. Al contrario il giudice è tenuto ad operare un vaglio critico su tali dati, debitamente illustrando quale ipotesi scientifica ritenga applicabile al caso concreto e per quali motivi”. Una puntualizzazione da cui ben si capisce la differenza fra un giudizio “libero” e un giudizio “politico”.

Anche su un altro argomento il giudice di Napoli si discosta apertamente dall’interpretazione della Consulta. Si tratta del controverso punto in cui, pur di salvare l’obbligo, nella sentenza 14/2023 si scrive che “il rischio remoto di eventi avversi anche gravi non possa, in quanto tale, reputarsi non tollerabile, costituendo piuttosto titolo per l’indennizzo”. Negli eventi gravi vengono traslati evitando di nominarli anche quelli mortali.

La giurisprudenza costituzionale precedente mai ha ritenuto l’obbligo vaccinale compatibile con eventi di questo tipo, “ci si discosta con forza dalla recente interpretazione della Corte che ritiene compatibili con il dettato costituzionale dell’articolo 32 della Costituzione anche quei trattamenti sanitari obbligatori che possano provocare effetti avversi gravi, anche fatali. Un trattamento sanitario obbligatorio inteso in tal senso, ad avviso di questo giudice, violerebbe i limiti imposti dal rispetto della persona umana (art. 32 Cost.), risultando disumano. Non può quindi che auspicarsi, sul punto, un pronto revirement della giurisprudenza della Corte Costituzionale”.

Fonte: Il Sussidiario.net

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