Pil azzerato, boom di insolvenze e disoccupati in aumento: ecco perché la Germania sbanda e cosa rischia l’Italia
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Le ragioni di questo scenario sono molteplici e vanno cercate nel rialzo dei tassi Bce ma anche tra le conseguenze della dipendenza dal gas russo che sta mettendo il Paese di fronte a una profonda debolezza

Rallenta la crescita dell’economia italiana, sorretta dai servizi, ma frenata dai tassi elevati. L’inflazione è meno alta, ma le Banche Centrali alzano i tassi ai massimi e il credito è in ripiegamento perché troppo caro. In Italia i servizi sono trainati dal turismo, l’industria è debole, le costruzioni in calo. Gli investimenti sono frenati, i consumi incerti, mentre l’export di beni è in riduzione. La Germania è in recessione, sarà di breve durata, ma può fermare il Pil dell’Italia. É, in sintesi, il quadro dipinto nella congiuntura flash del Centro studi Confindustria.

Ecco perché la recessione della Germania può frenare il Pil dell’Italia, secondo Confindustria

La dinamica del Pil italiano nel secondo trimestre 2023 è stimata molto debole, quasi ferma, come sintesi della flessione di industria e costruzioni e del proseguire della crescita (moderata) nei servizi. «Le attese sul terzo trimestre sono poco più positive. Il prezzo del gas ha esaurito la caduta e galleggia poco sopra i minimi, ma l’inflazione scesa solo in parte ha indotto la Bce a rialzare ancora i tassi, peggiorando le condizioni creditizie. Mentre il traino estero all’export di beni si è arrestato», si legge nel report della Confederazione degli industriali.

Inflazione in rientro

L’inflazione italiana continua la discesa (a giugno +6,4% annuo), grazie al prezzo del gas poco sopra i minimi (32  euro a Mwh) che ha infine riportato i prezzi energetici al consumo su ritmi moderati (+2,1%). Una dinamica alta resta sui prezzi alimentari (+10,7% da un picco di 12,9%) ma in frenata, grazie alla stabilizzazione dei prezzi delle materie prime (flessione negli ultimi due mesi). I prezzi core rallentano (+4,7% da +4,9%), più per i beni che per i servizi, ma il processo è solo agli inizi.

Costo del credito in aumento al 4,81% a maggio

Con i continui aumenti dei tassi di interesse (a luglio la Bce ha deciso un altro rialzo al 4,25%, lasciando la porta aperta per ulteriori mosse, giudicando l’inflazione ancora troppo alta), le imprese italiane stanno subendo un continuo aumento del costo del credito, al 4,81% a maggio. Questo sta riducendo lo stock di credito bancario (-2,9% annuo a maggio).

L’industria è debole

Mentre la principale spinta nei servizi resta il turismo: la spesa degli stranieri in Italia a maggio registra un +13,2% sul 2022 e i passeggeri in aeroporto sono nel secondo trimestre sopra i livelli del 2019, a maggio la produzione industriale in Italia ha messo a segno un rimbalzo (+1,6%), ma da inizio anno si è, comunque, contratta molto (-1,9%). Non solo. A giugno il Pmi manifatturiero ha continuato a ridursi, indicando un forte calo (43,8 da 45,9) e a luglio la fiducia delle imprese ha proseguito la sua caduta.

Al contempo, le costruzioni non stanno più trainando l’industria. L’attività nel settore ha, infatti, registrato il secondo calo consecutivo a maggio (-0,7%), con un -4,3% da inizio anno. Mentre le attese delle imprese sulla spesa per investimenti nei prossimi 6 mesi sono migliorate, ma restano basse (20,4 da 14,9 secondo l’indagine di Banca d’Italia). Pesa il credito più caro e difficile.

Come se non bastasse Confindustria registra consumi in calo e prospettive negative per i prossimi mesi dagli ordini esteri delle imprese manifatturiere, che a luglio hanno toccato il minimo da gennaio 2021 (-20,6 il saldo). Recupera, solo in parte, il commercio mondiale a maggio (+0,3%).

La recessione in Germania sarà breve?

In questo quadro desolante si incastra la recessione in Germania. La Confederazione degli industriali si chiede quanto sarà profonda e se sarà breve. L’economia tedesca ha iniziato il 2023 con un calo del Pil dello 0,1%, dopo quello di -0,4% di fine 2022. In pratica, sta subendo la seconda recessione nell’arco di tre anni. Nel secondo trimestre la stima flash è di un Pil piatto. Ancora distante dal pre-Covid di oltre 2 punti, nel 2022 l’economia tedesca è cresciuta meno dei partner europei (+1,9%, contro il +3,5% dell’Area-euro).

Per quale ragione? Lo shock inflazionistico, che ha toccato il picco in Germania nell’ultima parte del 2022 (+11,6% ad ottobre), ha portato giù i consumi privati, per due trimestri consecutivi tra fine anno scorso e inizio 2023 (-1,5% in media). Ciò riflette l’erosione del potere d’acquisto delle famiglie tedesche, nonostante il successivo attenuarsi dei prezzi energetici.

La debolezza dei consumi, spiega, riguarda soprattutto i beni: cala la spesa in quelli durevoli (-2,3% in media nel quarto trimestre 2022 e nel primo del 2023, soprattutto a inizio anno), riflettendo le condizioni di accesso al credito più restrittive; diminuisce anche la spesa per i semidurevoli (-2,0%) e i non durevoli (-2,2%). Flette pure la spesa in servizi, sebbene poco (-0,3%): la Germania è poco legata al turismo e non registra un forte rimbalzo post-pandemia in tale tipo di consumi.

Una riduzione si è registrata anche nei consumi pubblici in Germania, concentrata nel primo trimestre del 2023. Uno dei motivi è il forte risparmio che l’economia tedesca è riuscita a realizzare nei consumi di energia negli edifici pubblici (ma anche nel residenziale), favorita dall’inverno mite. E il rimbalzo a inizio anno degli investimenti in costruzioni (+3,9%) non compensa i tre cali precedenti (-7,3% cumulato) e il valore aggiunto del settore rimane al di sotto dei livelli pre-Covid (-2,1%). Gli ordini e i permessi per costruire mostrano una tendenza al ribasso anche per i prossimi mesi a causa dell’aumento dei costi di finanziamento. Pesa, inoltre, la carenza di manodopera, che agisce come uno dei principali ostacoli alla produzione, fattore problematico che in Germania si è sentito con più forza rispetto agli altri paesi europei.

La debolezza della Germania può frenare il Pil dell’Italia

I riflessi sull’Italia? La Germania è tra i principali mercati per i beni italiani: le nostre imprese sono fornitrici di varie industrie tedesche, specie nell’automotive e soprattutto di beni intermedi; quando l’industria tedesca frena, si ha un impatto negativo sulla produzione italiana, ma la sua tenuta nel 2023 dovrebbe evitare impulsi negativi ulteriori, assicura la Confederazione degli industriali. Tuttavia, conclude, «la debolezza tedesca nei consumi potrebbe frenare il Pil italiano, colpendo sia il nostro export di beni finali, sia il turismo di tedeschi in Italia, che genera per noi un forte export di servizi».

Fonte: Milano Finanza

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