Corte dell'AIA
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Corte dell’Aia
Il verdetto su Israele e genocidio a Gaza è equilibrato

La Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, il principale organo giurisdizionale delle Nazioni Unite, ha ordinato a Israele di prevenire la commissione a Gaza di atti di genocidio e di fornire assistenza umanitaria alla popolazione locale.
La Corte dell’Aia ha così accolto solo in parte le richieste del Sud Africa dello scorso 29 dicembre. L’ordinanza chiude la fase preliminare delle misure urgenti di un processo che potrebbe durare anni, in cui la Corte valuterà l’accusa che Israele stia commettendo atti genocidari a Gaza, in violazione della Convenzione sul Genocidio.

Ogni Stato parte di questa Convenzione, come il Sud Africa, può citare di fronte alla Corte dell’Aja ciascuno degli altri 152.
Come dimostra questo ricorso, non è necessario che le accuse vertano su fatti commessi nel territorio dello Stato ricorrente, perché gli obblighi relativi alla prevenzione del genocidio proteggono l’interesse collettivo degli Stati firmatari, e della comunità internazionale in genere.

L’accerchiamento processuale di Israele

Questo processo internazionale procede autonomamente da altri due che pendono al contempo, e con cui non va confuso.
Da una parte, l’Assemblea Generale dell’ONU ha chiesto un parere consultivo alla stessa Corte dell’Aia su un tema più ampio, segnatamente la legalità delle azioni israeliane nei territori occupati.
Dall’altra, la procura della Corte Penale Internazionale (che processa individui, non Stati), ha aperto dal 2021 un fascicolo sulla situazione di Gaza, e potrebbe esercitare l’azione penale per la commissione di crimini internazionali da parte di cittadini israeliani o membri di Hamas, sospinta dalle richieste ricevute in queste settimane da alcuni Stati, incluso lo stesso Sud Africa.
Questo accerchiamento processuale è sintomatico della pressione che vari Stati cercano di esercitare su Israele, per cercare di limitarne le azioni che ritengono illegali.

Il giudizio cautelare davanti alla Corte dell’Aia

Come la Corte ha precisato, con questa decisione i giudici non dovevano accertare alcuna violazione della Convenzione, né avrebbero potuto farlo.
In altre parole, il fine della presente fase non era determinare se in effetti Israele stia o meno compiendo atti genocidari a Gaza.
Nella fase cautelare, si effettua solo una prognosi di plausibilità dell’accusa, senza valutarne l’effettiva fondatezza. Il fine della fase cautelare è di limitare – se necessario – il rischio che nelle more del processo le parti violino in modo irreparabile la Convenzione, rendendo inutile la sentenza finale.
Per questo, il Sud Africa aveva richiesto alla Corte di ordinare un cessate il fuoco totale, paventando il rischio che, con la prosecuzione dell’offensiva con le modalità attuali, Israele avrebbe commesso crimini che un’eventuale pronuncia di condanna tra qualche anno non avrebbe potrebbe cancellare.
Il giudizio della Corte si è basato principalmente sui resoconti di rappresentanti dell’ONU e dell’Organizzazione Mondiale della Santià sulla catastrofe umanitaria in corso, e su alcune dichiarazioni di pubblici ufficiali israeliani, che sembrano indicare l’intenzione di reagire agli attacchi di Hamas con una rappresaglia indiscriminata contro la popolazione di Gaza.
Questo secondo aspetto, va ricordato, è cruciale perché sussista la fattispecie di genocidio, che richiede un intento specifico di distruggere una popolazione completamente, o almeno una sua parte sostanziale.
All’esito di questa ricognizione, la Corte ha ritenuto che esista un rischio plausibile che Israele possa commettere o aver commesso violazioni della Convenzione, mettendo così a repentaglio il diritto dei residenti di Gaza di essere protetti da atti di genocidio, e quello del Sud Africa di pretendere il rispetto della Convenzione.
La Corte ha perciò ordinato a Israele con effetto immediato di prevenire ogni atto di genocidio, di assicurare che non ne vengano commessi dai militari israeliani, di prevenire e punire ogni episodio di istigazione al genocidio, e di fornire con urgenza assistenza umanitaria alle popolazioni di Gaza.

Una decisione bilanciata

Per il Sud Africa, questa pronuncia conferma un livello minimo di fondatezza delle accuse rivolte a Israele, che le aveva definite meramente diffamatorie.
Significativamente, la Corte ha rifiutato la posizione israeliana per cui la situazione a Gaza non poteva neppure essere ricondotta alla Convenzione sul Genocidio, e ai relativi obblighi di prevenzione.
Inoltre, l’obbligo relativo all’assistenza umanitaria può ragionevolmente alleviare le sofferenze della popolazione palestinese.
A questi due punti, sostanzialmente, ammonta la vittoria del Sud Africa.
Israele, invece, può correttamente sottolineare come la Corte abbia respinto la richiesta principale del Sud Africa, cioè l’ordine di una «sospensione immediata delle operazioni militari» a Gaza, e abbia finito per sancire un’ovvietà, cioè che la Convenzione sul Genocidio va rispettata, anche nella conduzione delle operazioni militari.

La stima degli effetti che la pronuncia può avere sul conflitto in Gaza non soddisfa interamente il Sud Africa.
Poiché il divieto emesso dalla Corte riguarda strettamente gli atti di genocidio, Israele potrà proseguire l’azione militare e, poiché ha sempre negato di avere mai commesso violazioni di questo tipo, non avrà motivo di modificare notevolmente la propria condotta, con l’eccezione dell’obbligo – l’unico che la Corte ha stabilito in maniera pragmatica – di garantire e permettere gli aiuti umanitari.

Nel caso di Israele è ragionevole aspettarsi che lo Stato mostrerà di adeguarsi agli obblighi indicati, soprattutto perché il loro nucleo principale – non commettere atti di genocidio – non impedisce la continuazione del conflitto e non mette eccessiva pressione al governo di Netanyahu rispetto ad altri possibili addebiti, riguardo crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

Appello della presidente dell Corte

Vale sottolineare come la Presidente della Corte, dopo aver letto il dispositivo dell’ordinanza, ha trasmesso un appello – cosa piuttosto inusuale – con cui ha richiamato le parti del conflitto al rispetto del diritto internazionale umanitario (il diritto dei conflitti armati) e ha perorato il rilascio immediato degli ostaggi trattenuti da Hamas. In questo modo, la Corte ha voluto segnalare la consapevolezza che il conflitto in corso sconfina notevolmente dalla sua formulazione processuale, legata per necessità ai soli temi della Convenzione sul Genocidio, e ha voluto esprimere a Israele solidarietà (sulla questione degli ostaggi) e preoccupazione (sulla possibilità che a Gaza siano commessi crimini ulteriori a quelli sanzionati dalla Convenzione sul Genocidio).

FONTE: Corriere della sera

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