Amministrative in Turchia
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La sconfitta di Erdogan

Le elezioni amministrative in Turchia di domenica 31 marzo segnano la clamorosa vittoria dell’opposizione laica.
Il paese ha espresso una crisi di rigetto verso il sistema del sultano

Amministrative in Turchia
Solo elezioni locali? Non proprio

L’impegno del capo dello Stato, che all’inizio di marzo aveva annunciato che queste elezioni sarebbero state “le sue ultime“, non è bastato.

Dopo che il 99 per cento delle schede è stato scrutinato, il Chp ha raggiunto il 37,7%, battendo per la prima volta la formazione del presidente Recep Tayyip Erdogan, l’Akp, che ha ottenuto il 35,4%, segnando uno dei risultati più bassi della sua storia politica.

Circa 61 milioni di turchi hanno potuto partecipare alle elezioni e più di un milione di giovani elettori hanno votato per la prima volta.
L’affluenza alle urne è stata stimata superiore al 77% nelle 81 province del Paese.
Vincere a Istanbul per l’opposizione è una svolta.
Istanbul ospita un quinto della popolazione turca: chi amministra la città, controlla più o meno indirettamente una parte significativa dell’economia turca, tra cui commercio, turismo e finanza. (FONTE)

Amministrative in Turchia
La sconfitta di Erdogan: la democrazia (forse) è viva

Il “sultano” stavolta ha fatto atto di contrizione, ammettendo con toni dimessi la clamorosa sconfitta alle elezioni amministrative di domenica:

«Le cose non sono andate come speravamo».

Un’ondata laica ha infatti spezzato l’egemonia del suo Akp e lo ha fatto in proporzioni che hanno sorpreso un po’ tutti gli osservatori e gli stessi protagonisti.
Quasi una “crisi di rigetto” della società e del Paese nei confronti del suo leader Recep Tayyip Erdogan, al potere da oltre un ventennio, inizialmente come primo ministro, poi come presidente.

Dalle urne viene fuori la palese sconfessione del sistema di potere che, mattone su mattone, ha trasformato la Turchia da Stato di diritto a regime semi-autoritario.
Un passaggio che diventa drammatico dopo il presunto fallito golpe del luglio 2016 a cui è seguita una repressione feroce e senza precedenti: decine di migliaia di oppositori, di giornalisti, di avvocati di professori universitari sono in questi anni passati per la macchina infernale della giustizia e del sistema carcerario turco, chiamati in causa da accuse strumentali e condannati in seguito a processi farsa privati di ogni diritto alla propria difesa legale.

E non a caso l’aggressione sistematica ai diritti individuali, collettivi e politici è stata al centro della fortunata campagna dell’opposizione che ha denunciato lo Stato di polizia instaurato da Erdogan.
La risposta degli elettori ha dimostrato che la democrazia turca è ancora viva e vegeta, capace di reagire, organizzarsi e da ieri anche di darsi una rappresentanza.

Aria di cambiamento

Decine di città hanno cambiato colore politico oltre ogni attesa, passando ai laici del Partito repubblicano del popolo (Chp), autentico mattatore del voto e oggi prima formazione politica del Paese con un complessivo 37,5%.
Il partito fondato oltre un secolo fa dal padre della Turchia moderna, Mustafà Kemal Ataturk, ha così trionfato nei cinque principali agglomerati urbani: Istanbul, Ankara, Izmir, Bursa e Antalya, aumentando le sue percentuali anche di oltre dodici punti (dal 2003 non aveva mai ottenuto più del 25%).

A Istanbul, il sindaco uscente Ekrem Imamoglu si è preso il 51% dei consensi, undici punti percentuale e un milione di voti in più rispetto a Murat Kurum, il grigio tecnocrate candidato governativo, guadagnando ben 19 circoscrizioni rispetto alla tornata di quattro anni fa.
Oggi tutti gli analisti indicano il carismatico Imamoglu, 53 anni, come il principale sfidante del sultano alle prossime elezioni presidenziali, che però si terranno nel lontano 2028.

Il sultano e il suo regime fanno molta meno paura

Al di là dei meriti dell’opposizione e del buon lavoro svolto nei municipi la disaffezione dell’elettorato verso il Akp è un dato che non si discute: negli ultimi dodici mesi oltre 200mila iscritti al partito non hanno infatti più rinnovato la tessera, un’emorragia che pare inarrestabile.

Per il presidente del Chp Ozgur Ozel, la società turca ha voluto riappropriarsi dei principi della democrazia e dello Stato di diritto calpestati in questi anni dal regime:

«Abbiamo vinto nonostante non ci sia stato un patto di alleanza con le altre opposizioni, ma si tratta solo di un primo passo per un successo che sarà più importante.
Questo voto rappresenta un punto di svolta per noi, oggi sappiamo che la Turchia non accetterà più di essere uno Stato privato di diritti democratici».

FONTE: Il Dubbio

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