Annullate multe over50: la prima sentenza
Se ti piace l'articolo, condividilo

Capire la sentenza 21 marzo 2023 n.721 del Giudice di Pace di Velletri

AVVOCATI LIBERI ha pubblicato la propria strategia per contestare la sanzione per l’inadempimento all’obbligo vaccinale anticovid-19 al 15.06.2022 imputabile ai soggetti ultracinquantenni ai quali sia stato (o qualora fosse) notificato il relativo avviso di addebito.

La natura della violazione e la consistenza della sanzione sono ben note a tutti, come note sono le ragioni dell’imposizione e delle difese degli obbligati.

Non possiamo esimerci dal premettere che il pagamento della sanzione addebitata (poco più di cento euro) estingue ogni obbligo e definisce in via definitiva il rapporto amministrativo e erariale.

È sicuramente la via più semplice ed economica, e non necessita di ulteriori adempimenti o spese.

Per chi optasse per questa soluzione, la comunicazione finisce qui.👋👋

Coloro che scelgono la via dell’opposizione, invece, possono trovare un valido supporto scaricando gli atti e i documenti di Avvocati Liberi per gestire il ricorso in proprio ed in autonomia (senza assistenza dell’avvocato) utilizzando il documento che potete scaricare di seguito

Abbiamo ottenuto un primo accoglimento di una delle eccezioni preliminari sollevate nel ricorso da parte del Giudice di Pace di Velletri con sentenza 721 del 21 marzo 2023.

Il Giudice di pace di Velletri ha annullato la sanzione amministrativa di 100 euro prevista per gli over50 non vaccinati per difetto di legittimazione sostanziale dell’ADER

Annullamento multa over 50 non vaccinati

Addio multe agli over 50 non vaccinati? Sembra questa la strada intrapresa dalla giurisprudenza in questa prima sentenza “pilota” del giudice di pace di Velletri n. 721/2023 (sotto allegata) che ha annullato la sanzione amministrativa di 100 euro prevista dall’art. 4-sexies del dl n. 44/2021 per tutti coloro che, compiuti i 50 anni di età alla data del 15.6.2022, non avevano iniziato o concluso il ciclo vaccinale anti-Covid. Per il Gdp si verte in difetto di legittimazione sostanziale dell’Agenzia delle Entrate e Riscossione nell’accertamento della sanzione per l’inadempimento all’obbligo di vaccinazione.

Nell’attesa di capire se sarà la prima di una lunga serie di pronunciamenti giurisprudenziali in materia, vediamo di capire le ragioni giuridiche alla base della decisione.

Difetto di legittimazione sostanziale ADER nell’accertamento della sanzione per inadempimento all’obbligo vaccinale

L’art. 4-sexies del decreto-legge n. 44 del 2021, convertito con legge n. 76/2021 s.m.i. commina la sanzione amministrativa di € 100,00 (cento euro) ai cittadini italiani ed agli stranieri residenti nel territorio dello Stato che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età alla data del 15/06/2022 senza aver iniziato o concluso il ciclo vaccinale primario (tre dosi) anti covid-19.

Si tratta di una norma – e di una violazione – molto controversa, giuridicamente discutibile e socialmente avvertita come discriminatoria per una categoria anagrafica che si è dimostrata ritrosa a pagare la somma di centro euro dopo aver – presumibilmente – subito aggressioni molto più invasive ai propri diritti personalissimi. Per tali ragioni buona parte della comunità forense socialmente impegnata nel contrasto alla distopia della normativa pandemica ha tentato di fornire una risposta alla crescente domanda di tutela di una platea enorme di soggetti, tenuti a fare i conti con la normativa in questione, vuoi perché convinti della illegittimità della disciplina, vuoi perchè interessati solo a giustificare l’inesistenza dell’obbligo nei propri confronti essendo in possesso di una certificazione di differimento o di esenzione dall’obbligo vaccinale, ovvero di altra ragione di assoluta e oggettiva impossibilità all’adempimento.

Per tutte queste persone Avvocati Liberi ha predisposto un modello di ricorso editabile, corredato dalla nota di iscrizione a ruolo e da un apposito vademecum esplicativo per fornire gli strumenti in maniera diffusa e gratuita a chiunque volesse impugnare l’avviso di addebito in autonomia ed economia.

Le soluzioni offerte da giuristi e giureconsulti che si sono interessati alla materia sono delle più varie, la cui diversità e pluralità è stata favorita da una tecnica di descrizione normativa basilare ed impropria e da una serie di interventi legislativi che hanno manipolato l’operatività della riscossione accentuandone i problemi interpretativi, di trasparenza e certezza applicativa.

Il riferimento è all’articolo 7 della legge 30 dicembre 2022 n. 199, che ha stabilito che “dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto fino al 30 giugno 2023 sono sospese le attività e i procedimenti di irrogazione della sanzione previsti dall’articolo 4 -sexies, commi 3, 4 e 6, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76”.

Tale norma ha generato un acceso dibattito in ordine alla “sospensione” delle attività di riscossione, che qualcuno ha erroneamente esteso anche alla “sospensione” dei termini di impugnazione degli avvisi di addebito nelle more ricevuti dai cittadini in costanza del rinvio della riscossione. In altri termini l’Agenzia delle Entrate si “è portata avanti”, ha notificato gli addebiti e sospeso la loro riscossione sino al 30 giugno, predisponendo però in tal modo un meccanismo subdolo di maturazione della definitività del titolo che, a decorrere dal 1° luglio, avrà fatto decadere dall’impugnazione coloro che avranno ricevuto l’avviso di addebito in precedenza senza impugnare nei termini al proprio Giudice territorialmente competente.

Questioni non di poco conto, non c’è dubbio, ma per non dilungarci oltremodo rispetto al tema oggetto del presente commento, sarebbe possibile riassumere i motivi di impugnazione in due macro aree di ricorso:

– Motivi di carattere sostanziale per una sanzione fondata sulla discriminazione del trattamento, obbligato per gli over 50 in ragione semplicemente dell’età e, quindi, di una condizione personale di cui all’art. 3 Cost. e senza alcun altro motivo logico, scientifico o prudenziale che possa in qualche modo giustificare l’obbligo vaccinale covid19.

– Motivi di carattere processuale e, soprattutto procedimentale, relativamente al rispetto delle condizioni e dei principi tipici del sistema degli illeciti e delle sanzioni amministrative, e del loro accertamento, delineato dalla legge.

I primi, quelli di carattere sostanziale, costituiscono l’aspetto più stimolante della discussione di questa tipologia di ricorsi, dal valore economico irrisorio ma certamente portatori di un valore giuridico, etico e sociale senza prezzo, in quanto sottendono a questioni che involvono diritti fondamentali universali inviolabili.

Tra questi il ricorso di ALI ha dato risalto ai motivi relativi all’insussistenza dell’obbligo di sottoporsi al ciclo vaccinale primario per la palese violazione delle norme sulla Convenzione dei diritti e delle libertà fondamentali dell’Uomo (CEDU); per la scriminante di cui all’art. 4 Legge 689/1981 dell’esercizio di un diritto o della legittima difesa o stato di necessità dovuta dall’insorgenza di reazioni avverse; per la violazione del divieto di non discriminazione di cui al Considerando 36 del Reg. 953/2021; per la violazione dell’art. 5 codice civile, a mente del quale “gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica”; per l’insussistenza dell’obbligo di sottoporsi al ciclo vaccinale primario per tutti i soggetti guariti e, dunque, portatori della c.d. immunità naturale; per la violazione del diritto alla riservatezza dei dati personali ed, infine, per le violazioni dei diritti costituzionali di cui agli articoli 2,3,27, 32 e 97 Cost.

Anche i motivi di carattere procedimentale/processuale sono altrettanto degni di rilevanza, ed il più delle volte costituiscono la via d’uscita per il Giudice per rispondere alla domanda di giustizia senza entrare nella disamina delle questioni meritali, limitandosi alla fase preliminare delle illegittimità evidenti e assorbenti.

La comunità forense più attenta ha sollevato molte questioni preliminari e pregiudiziali, tra le quali le più importanti consistono nella nullità dell’avviso di addebito per omessa indicazione dei termini e delle modalità di impugnazione; nella nullità della sanzione per omesso invio della comunicazione ex art. 4-sexies, co. 4, del decreto-legge 1° aprile 2021; nella tardività della notifica dell’avviso di addebito (in particolari casi) ma, in questo commento, ci soffermiamo sull’eccezione di nullità dell’addebito per carenza di potere e di funzioni (legittimazione sostanziale) dell’Agenzia delle Entrate e Riscossione (Ader) all’accertamento della violazione di cui all’art. 4 sexies cit. accolta dal Giudice di Pace di Velletri con sentenza n. 721 del 21 marzo 2023.

La constatazione degli illeciti amministrativi è affidata agli organi amministrativi che svolgono attività di polizia amministrativa i quali, ai sensi dell’art. 13 legge n. 689/1981, sono “organi addetti al controllo sull’osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro”.

L’ordine viene dall’alto, direttamente dall’art. 97 Cost. che. prevede al secondo comma come “i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari“.

L’imparzialità dell’amministrazione e il suo buon andamento – che nella specie coincide con l’esercizio del potere amministrativo di accertamento del fatto illecito, di irrogazione della sanzione e, in ultimo, della riscossione coattiva in caso di mancato pagamento della sanzione – è rimesso agli organi di vigilanza indicati nelle singole leggi speciali, agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria ex art. 57 c.p.p. , agli enti locali ex art. 7 bis del D. Lgs. n. 267/2000, nonché ai singoli uffici e ai singoli organi deputati all’esercizio del potere amministrativo cui è la legge stessa a determinarne le rispettive sfere di competenza e di attribuzione.

I pubblici uffici, pertanto, sono organizzati secondo le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari come previsti dalla legge, che determina l’esercizio del potere amministrativo in maniera “tipica”, ossia predeterminato, in ossequio al principio di legalità, massima espressione della garanzia di tutte le situazioni giuridiche in capo agli stessi soggetti privati.

Pertanto per l’applicazione di una sanzione, anche amministrativa, vige il principio di legalità (art.1 legge n. 689/1981) in base al quale solo con una legge è possibile fissare e stabilire delle sanzioni.

Premesso ciò, l’art. 4 sexies comma 3 D.L. 44/2021, in deroga all’art. 13 della Legge 689/1981 stabilisce che “l‘irrogazione della sanzione è effettuata dal Ministero della salute per il tramite dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, che vi provvede sulla base degli elenchi dei soggetti inadempienti all’obbligo vaccinale periodicamente predisposti e trasmessi dal medesimo Ministero…”.

È evidente sin da subito il trasferimento di fatto all’Ader della competenza materiale di “irrogare” la sanzione amministrativa per la violazione che però sia stata “accertata” in precedenza mediante un atto dell’organo titolare e funzionalmente competente all’accertamento, ossia il Ministero della Salute, come espressamente previsto dall’art. 4sexies D.L. 44/21.

Tale atto di accertamento, secondo la sfocata e ambigua struttura normativa, sarebbe costituito da quegli “elenchi dei soggetti inadempienti all’obbligo vaccinale” che il Ministero trasmette periodicamente all’Ader, ed ai quali quest’ultima dovrà irrogare la sanzione per conto del Ministero.

Dunque accertamento e irrogazione sono due segmenti diversi del processo di accertamento di una violazione amministrativa, possono coincidere certamente (si pensi alle contestazioni immediate) ma possono anche aversi in momenti successivi (si pensi alle sanzioni per “autovelox”) e non v’è dubbio che all’Ader nel caso di specie sia stata delegata dalla legge solo la funzione di irrogare (e comunicare) ai soggetti inadempienti, per conto del Ministero Titolare, l’avvio del procedimento sanzionatorio, nei cui confronti ciascuno tenetur se detergere, comunicando entro dieci 10 dalla ricezione dell’avviso direttamente al Ministero della Salute titolare del trattamento una causa di esenzione o giustificazione.

In questa prospettiva l’art. 4sexies D.L. 44/21 non ha delegato l’attribuzione del potere di “accertamento” all’Ente Riscossione che, istituzionalmente (ai sensi del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193 convertito con modificazioni dalla L. 1 dicembre 2016, n. 225, nonché dallo Statuto e dal Regolamento dell’Agenzia delle Entrate – Riscossioni) esercita esclusivamente le funzioni di riscossione, ma solamente quelle accessorie e strumentali alla stessa secondo gli indirizzi dettati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Sul punto la sentenza del Consiglio di Stato rileva come “Il potere di delega, poiché altera l’ordine delle competenze degli organi abilitati ad emettere atti con efficacia esterna, necessita di un supporto normativo di valore almeno pari a quello attributivo della competenza ordinaria, in quanto diversamente si renderebbe l’amministrazione arbitra di spostare, caso per caso, e senza alcuna previsione di limiti oggettivi e soggettivi, le competenze precostituite, con l’effetto di privare l’amministrato delle garanzie che sono insite nelle attribuzioni di uno specifico organo” – rif. C.d.S., Sez. VI, sent. 20/1979).

La motivazione del Giudice di pace di Velletri nella sentenza del 21 marzo 2023

Sebbene la motivazione della sentenza n. 721/2023 del Giudice di Pace di Velletri (sez. distaccata di Albano Laziale) del 21 marzo 2023 sia estremamente “asciutta”, si comprende bene per quale motivo abbia annullato l’avviso di addebito comunicato alla ricorrente come atto di accertamento “atteso che l’irrogazione della sanzione ex art. 4 comma 3 D.L. 44/2021 è effettuato dal Ministero della Salute per tramite l’Agenzia delle Entrate“.

L’Ader è un semplice tramite privo di una legittimazione propria o “attiva”, nel senso sostanziale e funzionale dell’esercizio di attività delegate – e non certo processuale sol per l’evidente constatazione che è la convenuta in giudizio – che non le consentono di accertare la violazione mediante la formazione di atti sostitutivi degli elenchi ricevuti dal Ministero contenenti i nominativi dei soggetti “verificati e accertati”.

La migrazione di tali elenchi negli “avvisi di addebito” che l’Ader notifica ai sensi del comma 6 dell’art. 4sexies cit. costituisce un eccesso di potere ed una grave violazione dei diritti difensivi dei sanzionati, che non sarebbero in nessun modo posti a conoscenza dell’atto di accertamento originario e per i quali non vi sarebbe alcuna prova di trasmissione o possibilità di accesso, innescando ulteriori problematiche relative all’avveramento delle condizioni previste ex art. 29, 32 e 39 del GDPR.

Sovrapponendo la funzione di accertamento della violazione con quello della irrogazione della sanzione si opera un automatico (e non consentito) trattamento dei dati personali e profilazione automatizzata di condizioni sanitarie personali sensibilissime in palese violazione del diritto previsto ex art. 22 GDPR nonché in violazione dell’art. 5 GDPR che impone la liceità e correttezza del trattamento dei dati personali in ossequio al principio di trasparenza che tenga conto della necessità di salvaguardare il diritto di accesso nonché la tutela e stabilità delle situazioni giuridiche nei rapporti con la pubblica amministrazione (interesse alla riservatezza dei terzi; tutela del segreto) (cfr. Cons. Stato, A.P., 18 aprile 2006, n. 6).

Ad ogni buon conto l’illegittimità dell’operato dell’Ader risiede, in parte qua, nella mancanza di notifica del presupposto atto di accertamento di inadempimento della sottoposizione all’obbligo vaccinale, atto prodromico essenziale, affinché venga successivamente emesso l’avviso di addebito.

Per analogia basta richiamare ciò che accade a seguito di accertamento effettuato dall’Agenzia delle Entrate che riscontri un “maggior reddito” prodotto dal contribuente, quando l’INPS richieda i contributi sull’eccedenza riscontrata. Al riguardo, la pacifica e consolidata giurisprudenza ritiene illegittimo l’avviso di addebito per crediti previdenziali notificato dall’Inps al contribuente qualora esso tragga le sue origini soltanto da un precedente accertamento eseguito dall’Agenzia delle Entrate, il quale risulti a sua volta passibile di autonoma impugnazione dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale.

Si è ritenuto difatti che l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate rappresenti solo una circostanza pregiudiziale, diversamente dall’esito della verifica fiscale che rappresenta il presupposto in forza del quale il convenuto può rideterminare i contributi dovuti. Tuttavia, la definizione fiscale della lite tra il contribuente e l’Agenzia delle Entrate non rende definitivo l’accertamento e, pertanto, l’INPS non può limitarsi a dedurre l’intervenuta definitività dell’avviso di accertamento in sede giudiziale, in quanto ha l’onere di dare prova della propria pretesa contributiva (v. Tribunale di Siracusa, sez. lav. 23/09/2021; Tribunale Ferrara, sez. lav., 14/11/2019, n. 170; Tribunale Arezzo, sez. lav., 16/05/2014, n. 203; Tribunale Milano, sez. lav., 24/06/2013, n. 5304).

Anche la Corte Suprema si è pronunciata sulla tematica, rilevando che “in tema di iscrizione a ruolo di crediti degli enti previdenziali, l’art. 24, co. 3 del D.Lgs. n. 46/1999, che prevede la non iscrivibilità a ruolo del credito previdenziale sino a quando non vi sia il provvedimento esecutivo del giudice, qualora l’accertamento su cui la pretesa creditoria si fonda sia impugnato davanti all’autorità giudiziaria, va interpretato nel senso che l’accertamento, cui la norma si riferisce, non è solo quello eseguito dall’ente previdenziale, ma anche quello operato da altro ufficio pubblico come l’Agenzia delle Entrate, né è necessario, ai fini della non iscrivibilità a ruolo, che, in quest’ultima ipotesi, l’INPS sia messo a conoscenza dell’impugnazione dell’accertamento innanzi al giudice tributario” (Cass. Civ. sez. lav., 17/06/2016, n. 12333; Cass. Civ., sez. lav., 27.01.2015, n. 1483).

Nessuna legittimazione attiva

Ne discende che nel caso deciso dal Giudice di Pace di Velletri con la sentenza 21 marzo 2023 è stato accertato come l’Ader non avesse alcuna legittimazione “attiva” a sostituirsi al Ministero nell’accertamento e come avrebbe dovuto, in quanto delegato ex lege, notificare con l’avviso di avvio del procedimento ex art 4sexies comma 4 cit. oppure, al più, con l’avviso di addebito di cui al successivo comma 6, l’atto di accertamento redatto dal Ministero della Salute ai sensi e per gli effetti del comma 3 dell’art. 4 sexies D.L. 44/21.

E sebbene la sentenza valga inter partes, non v’è dubbio che il carattere pubblicistico del procedimento amministrativo in discussione abbia portata erga omnes, per cui l’illegittimità del caso velletrano sarà applicabile per analogia a tutti quei casi in cui all’addebito notificato all’istante non si sia provveduto preliminarmente con alla notifica dell’atto prodromico di accertamento dell’inadempimento all’obbligo vaccinale, essendo stata comminata de plano la sanzione in spregio alla normativa su indicata.

* A cura dell’Avv. Angelo Di Lorenzo, Avv. Roberto Martina, Avv. Bruno Botta e Avv. Chiara Guglielmetto, del gruppo di lavoro tematico degli Avvocati Liberi, United Lawyers for Freedom – ALI

Fonte: Studio Cataldi

Annullate multe over50: la prima sentenza