Limiti elettromagnetici
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Dossier rete 6 V/M

Perchè è dannoso aumentare i limiti elettromagnetici in Italia

Ragioni sanitarie

  • I Governi di turno, da anni sperimentano la volontà di innalzare i limiti elettromagnetici, che Italia, ai sensi del DPCM 8.07.2003, sono tra i più cautelativi al mondo: 6 V/m all’interno di edifici adibiti a permanenza umana per almeno 4 ore giornaliere (abitazioni, scuole, ospedali, luoghi di lavoro, ecc..).
  • Per completezza d’informazione i limiti suggeriti da ICNIRP (organismo internazionale riconosciuto dall’OMS), acquisiti dalla Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 12 luglio 1999 (1999/519/CE) e confermati nelle Linee Guida del marzo 2020, non devono superare i 61 V/m, valore corrispondente al surriscaldamento del tessuto umano (i c.d. effetti termici acuti), ma lasciano la facoltà agli stati membri di definire livelli di protezione più cautelativi di quelli proposti.
  • Per ulteriore completezza, nella panoramica dei tetti di radiofrequenza adottati:
    ✓ tra i paesi europei che hanno scelto di avvalersi dei limiti suggeriti dalla Raccomandazione UE figurano: Germania, Spagna, Francia, Repubblica Ceca, Estonia, Cipro, Finlandia, Ungheria, Malta, Irlanda, Romania, Portogallo.
    ✓ Nel gruppo che ha adottato una politica precauzionale più elevata rispetto ai valori indicati dalla Raccomandazione UE vi sono: Regno Unito, Svezia, Paesi Bassi, Austria, Danimarca, Lettonia.
    ✓ Infine, tra i paesi che hanno scelto valori più cautelativi si annoverano: Italia, Grecia, Croazia, Belgio, Bulgaria.
  • Occorre sconfessare la tesi, sostenuta nella relazione illustrativa della bozza di decreto-legge che mira ad elevare i limiti elettromagnetici in Italia, secondo cui non ci sono evidenze scientifiche su effetti avversi per la salute, in relazione alle Linee Guida ICNIRP del 1998 e ribaditi nel 2020, affidandosi alle seguenti argomentazioni scientifiche e sanitarie:
  • a) La scelta di ICNIRP di valutare ai fini sanitari esclusivamente gli effetti termici acuti, che si manifestano per esposizioni brevi ed intense, non protegge la popolazione dalla esposizione ad effetti biologici di lunga durata (non termici).
  • Ciò rappresenta una inammissibile disapplicazione del Principio di Precauzione e dell’azione preventiva, di cui all’art. 191 (ex art. 174 TCE) del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.
  • b) Invero, risulta copiosa e significativa la letteratura scientifica che enumera effetti avversi non termici correlati alla esposizione ai campi elettromagnetici artificiali emessi da apparati radioelettrici (ad es., tumori, malattie neurodegenerative, deficit di attenzione e memoria, elettrosensibilità, disturbi cardiocircolatori, danni alla fertilità maschile e femminile, danni al DNA – vedi, a titolo di esempio, Bioinitiative Report 2012-20221).
  • c) Con riferimento, in particolare, alle nuove tecnologie di comunicazione mobile, appare indispensabile, nella valutazione del rischio, includere gli effetti non termici (o di lunga durata) (STOA 20212 – IEEE 20233).
  • Pertanto non appare supportato da alcuna motivazione scientifica l’assunto, contenuto nella bozza del decreto, di aumentare i limiti elettromagnetici a 30 V/m, cioè della metà rispetto al tetto stabilito da ICNIRP (61 V/m), per “rassicurare i cittadini più timorosi e venire incontro alle loro giuste preoccupazioni”.
  • Al contrario, ai sensi del predetto ragionamento, affermandosi che le preoccupazioni dei cittadini sono “giuste”, si riconoscono esplicitamente i rischi della esposizione ai campi elettromagnetici e si giustifica l’applicazione del Principio di Precauzione.
  • Ancor più, non risulta avvalorato da alcuna spiegazione scientifica l’enigmatica affermazione per cui, “ove non si raggiunga un’intesa, i limiti sono innalzati ad un valore pari a 24 V/m”, volendo significare che, qualora, durante l’iter di approvazione del decreto, non si dovesse perseguire un accordo tra le amministrazioni e gli enti a cui il testo è sottoposto per il parere, i tetti di radiofrequenza attuali saranno elevati ad un valore medio tra quello in vigore e la metà di quello massimo consentito!

1 https://bioinitiative.org/table-of-contents/
2 https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2021/690012/EPRS_STU(2021)690012_EN.pdf
3 https://ieeexplore.ieee.org/abstract/document/10121536

Ragioni economiche

  • Per cui, se il mondo delle Telco spinge con insistenza per ottenere limiti meno stringenti, a fronte di una letteratura scientifica ed epidemiologica che ne sconsiglierebbe un approccio elastico, altre saranno le ragioni a fondamento di questa crociata contro il mantenimento dei 6 V/m.
  • Il nodo principale, che sta a cuore agli operatori tlc, è sicuramente il paventato esborso di cifre consistenti per la realizzazione di nuove infrastrutture o l’adattamento (reingegnerizzazione) di quelle esistenti, per ospitare le tecnologie di nuova generazione, qualora non si addivenga all’aumento dei limiti (fonte Asstel4).
  • L’innalzamento dei limiti, anche per valori non prossimi al massimo consentito, determinerebbe – sempre secondo Asstel – l’espandibilità delle infrastrutture esistenti, evitando di saturare lo spazio elettromagnetico, con benefici per l’ambiente (meno impianti, meno impatto sul paesaggio).
  • Si deve obiettare, tuttavia, che il fabbisogno stimato dagli stessi operatori, che si battono per utilizzare le infrastrutture esistenti, ai fini della implementazione della nuova tecnologia 5G in Italia, ammonta a circa 8 mila nuove torri e 50 mila micro-celle (small cells)5.
  • Si tratta, a nostro avviso, di una contraddizione non trascurabile, che inficia la credibilità delle affermazioni dei sostenitori dell’aumento dei limiti a tutti i costi.
  • Un altro elemento concorre a delegittimare la posizione dei sostenitori di limiti più elevati e sono gli stessi operatori tlc a denunciarlo: il fenomeno della falsa saturazione degli spazi elettromagnetici6.
  • Secondo una consolidata prassi, gli operatori tlc, all’atto di presentare ad Arpa un progetto ai fini del nulla osta radioelettrico, non dichiarano mai il valore effettivo che produrrà quell’impianto, ma la potenza massima che consente di non sforare il limite in vigore, in modo di accaparrarsi tutta la capacità trasmissiva, evitando che la concorrenza possa utilizzarla (es., se so di trasmettere ad una potenza di 10 watt, ne dichiaro 30 watt per non consentire ad un altro competitor di utilizzare quella infrastruttura. Si tratta di un raggiungimento teorico dei tetti emissivi).

4 https://www.agendadigitale.eu/infrastrutture/5g-e-campi-elettromagnetici-ecco-perche-litalia-deve-adeguarsi-alleuropa/
5 https://www.key4biz.it/5g-galli-inwit-nei-prossimi-anni-serviranno-8mila-nuove-torri-e-50mila-micro-antenne/443514/
6 https://www.key4biz.it/5g-e-limiti-elettromagnetici-tutto-quello-che-non-si-dice-sulla-misurazione-dellelettrosmog/440699/

Quindi, sulla base dei valori di campo dichiarati, ad es. sul tetto di un edificio, formalmente quello spazio elettromagnetico risulta saturo, perché autorizzato alla massima potenza (6 V/m), mentre in realtà i valori si attestano su 1 o 1, 5 o al massimo 2 V/m, il resto è tutto accaparramento di spazio elettromagnetico!

Si tratta di un comportamento anticoncorrenziale, censurato dall’AGCM, che ha chiesto alle ARPA di utilizzare standard di misurazione più efficienti, al fine di pervenire alla misurazione di valori reali e non potenziali.

  • Infine, sono sempre le stesse Telco (Assoprovider, associazione delle pmi)7 a contestare il decreto sull’innalzamento dei limiti elettromagnetici che, a detta loro, penalizzerebbe le piccole imprese, impegnate nella difficile opera di trasformazione digitale delle c.d. aree a fallimento di mercato.
  • Limiti più elevati favorirebbero i grandi player, con fenomeni di accaparramento di consistenti fette di mercato delle infrastrutture e reti tlc.
  • Dunque, le evidenti contraddizioni in cui cadono le Telco smascherano senza ombre di dubbio il vero obiettivo perseguito: ottenere tutti gli spazi dell’etere messi a disposizione dalle nuove tecnologie, risparmiando sui costi delle infrastrutture a scapito della salute, del territorio, della qualità del paesaggio e dell’ambiente.
  • I veri costi monetari è la collettività a sostenerli, e sono rappresentati – si legge sempre nella bozza del decreto – dall’affidamento alla Fondazione Ugo Bordoni delle attività di monitoraggio e l’istituzione di una rete di monitoraggio nazionale, per una spesa complessiva di 1 milione e mezzo di euro per il triennio 2023-2026.
  • Infine, un ulteriore elemento dovrebbe convincere anche i più diffidenti ad evitare il danno che creerebbe l’adozione di limiti elettromagnetici più elevati.
  • L’Italia è l’unico Paese in Europa che ha scelto dal 2012 un metodo di misurazione dei campi elettromagnetici basato su valori intesi come media nell’arco delle 24 ore e non riferiti alla media di 6 minuti8.
  • Questa misura rappresenta un unicum rispetto al resto d’Europa e pertanto i livelli di emissione misurati non sono comparabili con quelli degli altri Paesi europei.
  • La deroga operata nel nostro ordinamento produrrebbe, in caso di innalzamento dei livelli di emissione elettromagnetica, effetti distorsivi sulla potenza dichiarata, che risulterebbe in realtà di molto superiore al valore dichiarato!

Roma, 13 giugno 2023

Dott. Giuseppe Teodoro

Vice presidente di Ecoland – www.ecolanditaly.it
Consulente delle amministrazioni comunali per le politiche di gestione territoriale delle infrastrutture di comunicazione elettronica

Fonte: ecoland

Inter

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