IRPEF
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Dal Governo Meloni una nuova batosta per gli agricoltori: è stata reintrodotta l’IRPEF sui terreni agricoli. Un massacro per vigneti, frutteti e ortaggi.

Mentre in Germania – ma anche in Olanda, in Belgio e in Austria – gli agricoltori scendono in piazza per protestare contro i rispettivi Governi e contro i massoni che controllano l’Unione europea, mentre anche in Sicilia sta nascendo un movimento di protesta di agricoltori e mentre la politica blatera di aiuti agli agricoltori italiani in difficoltà arriva l’ennesima ‘stangata’ per l’agricoltura italiana.

Il Governo di Giorgia Meloni e il Parlamento, nella legge nazionale di stabilità 2024, hanno ‘confezionato’ una sgradita sorpresa: non è stata rinnovata infatti l’agevolazione che riguarda la detassazione IRPEF.

In pratica, è stata ‘cassata’ la norma che ha consentito agli agricoltori di non pagare l’IRPEF sui redditi dominicali e agrari dal 2017 al 2023

L’anno 2023 è coperto, nel senso che quest’anno, quando si pagheranno le imposte, gli agricoltori non pagheranno l’IRPEF sui redditi dominicali e agrari. 

A partire dal prossimo anno arriverà la batosta, se è vero che gli agricoltori non potranno più contare su questa misura fiscale di favore. 

Per la cronaca, il reddito domenicale subirà una doppia rivalutazione 80% + 30%, mentre il reddito agrario andrà rivalutato del 70% +30%. Quanto pagheranno gli agricoltori? Proviamo a mettere nero su bianco qualche stima.

Per un ettaro di vigneto da vino l’IRPEF da pagare ammonterà a 90 euro ad ettaro

Abbiamo interpellato un nostro amico che produce uva da vino.

“Già è difficile vendere il nostro prodotto – ci ha detto -. Adesso con il pagamento dell’IRPEF la situazione diventa ancora più complicata. Coltivo uva da vino su circa venti ettari di terreno. Ho chiesto al mio commercialista di calcolare quanto dovrò pagare. Fatti i conti, mi ha comunicato che la ‘botta’ sarà di circa 90 euro ad ettaro. In queste condizioni penso che chiuderò la mia azienda agricola”.

La cosa che fa sorridere amaramente è che il calcolo dell’IRPEF agricolo da pagare non tiene conto né dell’andamento produttivo, né delle condizioni di mercato.

Se arriva un’annata di peronospora, come quella dello scorso anno – attacco di peronospora che in alcune aree della Sicilia ha dimezzato, se non annullato la produzione – l’IRPEF si paga lo stesso.

Lo stesso discorso vale se un’annata siccitosa distrugge la produzione: eventualità da mettere nel conto con i cambiamenti climatici in corso.

Dovrebbe andare un po’ meglio per i terreni coltivati a grano, dove l’IRPEF è ridotta rispetto ai vigneti.

Il problema è che oggi, in Sicilia, con l’aumento dei costi di produzione e con il grano che si vende a poco più di 30 euro al quintale, gli agricoltori lavorano in perdita: e lavorano in perdita considerando anche l’integrazione comunitaria. 

Il pagamento dell’IRPEF, guarda un po’ che strana combinazione ‘astrale’, non farà altro che andare ad aggravare la situazione, favorendo chi vuole rilevare i terreni a seminativi della Sicilia e, in generale, del Sud Italia per piazzare pannelli fotovoltaici. 

Nell’ortofrutta ci sono in Sicilia aziende che vanno bene e che potranno reggere l’urto del pagamento dell’IRPEF.

Ma ci sono tante aziende agricole della nostra Isola che producono ortaggi e frutti massacrate dall’arrivo di ortofrutta estera a prezzi stracciati: queste ultime, con la ‘botta’ dell’IRPEF rischieranno la chiusura.

Interessano questi discorsi al Governo Meloni e, in particolare, ai due ‘geni’ che sono finiti sulle ‘plance di comando’ del Ministero dell’Economia (Giancarlo Giorgetti) e del Ministero delle Politiche agricole (Francesco Lollobrigida)?

Gli agricoltori italiani hanno di che essere ‘felici’: con i soldi che lo Stati scipperà dalle loro tasche si pagheranno gli interessi sul debito pubblico truffaldino grazie all’euro e pagheranno anche i costi della guerra in Ucraina

Proviamo adesso a illustrare perché il Governo Meloni ha deciso di ‘tosare’ gli agricoltori reintroducendo l’IRPEF.

Anche se l’esecutivo non lo ammetterà mai, tutto questo serve a fare ‘cassa’ per due ragioni.

La prima ragione è legata al fatto che bisogna pagare gli interessi crescenti sul debito pubblico italiano che aumenta a causa del sistema di monetazione ‘a strozzinaggio’ introdotto con l’euro. 

Per ora sono 90 miliardi di euro all’anno che vengono tolti dalle tasche degli italiani, a cui si andranno ad aggiungere i 12 miliardi di euro all’anno che l’Italia dovrà ‘immolare’ sull’altare del nuovo demenziale e truffaldino ‘Patto di stabilità’ voluto dai massoni dell’Unione europea. 

Se mettiamo insieme il debito pubblico truffaldino e il nuovo ‘Patto di stabilità’, altrettanto truffaldino, otteniamo la ‘Tassa europeista’. 

La seconda ragione per la quale il Governo Meloni è impegnatissimo a fare ‘cassa’ sulla pelle dei cittadini italiani è legata alla guerra in Ucraina che gli americani non vogliono più pagare.

In questo caso possiamo parlare di una ‘Tassa americanista‘.

Per la precisione, va detto che gli americani vogliono sì che la guerra in Ucraina continui ma non vogliono più ‘cacciare’ soldi, anche perché a loro i soldi servono per la campagna elettorale, visto che a Dicembre di quest’anno in America si voterà per eleggere il nuovo presidente.

La guerra in Ucraina dovrà continuare a spese del ‘tappetino’ degli Stati Uniti d’America, al secolo Unione europea.

Che sta pagando anche il costo legato alla presenza dei profughi ucraini che i dati ufficiali quantificano in 8 milioni di profughi ma che, con molta probabilità, sono almeno il doppio.

Fonte: thehour

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