Fascicolo Sanitario Elettronico e Carta d’Identità Elettronica: vademecum per non finire nella tecnogabbia
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L’IT-Wallet per l’Identità digitale e l’avanzata (nonostante la moratoria) del riconoscimento facciale a Milano e Catania hanno sollevato il problema, ovvero l’alimentazione di Big Data nella morsa della transizione digitale come grande controllo tecnologico tra rilevamenti biometrici e informatizzazione della vita. Lo stato di diritto può invece trovare la soluzione, nella rivendicazione di diritti (e non certo concessioni) per attenuare gli attacchi della tecnogabbia tra Fascicolo Sanitario Elettronico e Carta d’Identità Elettronica. In alcuni semplici passaggi, ecco come difendersi, spiegato in un vademecum legale.

Il fascicolo sanitario elettronico (FSE) è uno strumento di controllo dei corpi dei cittadini e la raccolta dei dati, soprattutto genetici, è funzionale agli interessi delle grandi corporazioni farmaceutiche con le quali il governo italiano collabora. Il fascicolo sanitario elettronico contiene tutti i dati riguardanti visite, ricoveri, interventi, prescrizioni, analisi cliniche e vi è anche una specifica sezione farmaceutica in cui sono riportati i dati riguardanti la prescrizione e l’acquisto di farmaci. Tutti gli operatori sanitari sono obbligati ad alimentare il FSE, anche quelli privati.


Per chi vuole mantenere la riservatezza dei propri dati è essenziale, quindi, negare l’accesso al fascicolo sanitario elettronico, accesso che può avvenire da parte di altri operatori sanitari oppure, il che è l’elemento più inquietante, da parte delle pubbliche autorità nell’ambito delle esigenze di profilassi internazionale, cioè delle misure destinate alla prevenzione e gestione delle epidemie e pandemie.

Le procedure da seguire sono due.

La prima è la cancellazione dei dati anteriori al 19 maggio 2020. Si tratta di una facoltà prevista dall’art. 12 del DL 179/2012 e dai decreti attuativi (DM 7.09.2023 e 11.04.2024) che potrà essere esercitata entro il 30 giugno 2024. Non è necessario avere lo SPID o la CIE per l’opposizione.

La cancellazione si effettua accedendo a questo sito: (CLICCA QUI)

Chi vuole utilizzare lo SPID o la CIE (ma non è necessario) può usare questo sito: (CLICCA QUI)

Esercitando il diritto di opposizione al pregresso si vieta l’alimentazione del fascicolo sanitario elettronico con tutti i dati anteriori al 19 maggio 2020.

Per i dati successivi è necessario revocare tutti i consensi alla consultazione del fascicolo sanitario elettronico. Questa procedura si può effettuare accedendo al sito della propria regionale partendo da questa pagina (CLICCA QUI)

ma in generale l’accesso online è possibile solo a chi è titolare di SPID, CIE o a chi ha attivato la propria tessera sanitaria. Si tratta in generale di opzioni che è meglio evitare.

Pertanto, occorrerà recarsi allo sportello della propria ASL di appartenenza per revocare di persona il consenso all’accesso al fascicolo sanitario elettronico.

La revoca dei consensi è disciplinata dall’art. 8 del DM 7.09.2023.
Anzitutto si stabilisce che la consultazione del fascicolo da parte di persone diverse dall’interessato e dall’operatore sanitario che ha inserito i dati nel FSE è possibile solo dopo che il paziente ha preso visione dell’informativa sulla riservatezza dei dati (c.d. “privacy”) e dopo la prestazione di un consenso libero, specifico, informato, inequivocabile e riferito alle singole categorie di dati. Per i minori il consenso viene concesso o negato dai genitori. Si può nominare un delegato per il rilascio o la revoca dei consensi. È possibile esercitare il diritto all’oscuramento dei dati sia in via generale sia in occasione delle singole prestazioni di servizi sanitari.

È opportuno revocare i consensi per le finalità di: – diagnosi, cura e riabilitazione, – prevenzione, – profilassi internazionale ivicompresa la somministrazione di vaccini o di profilassi obbligatorie o raccomandate per soggetti diretti all’estero.

L’oscuramento riguarderà ovviamente i terzi; l’interessato può sempre accedere al proprio FSE.

La revoca del consenso non pregiudica l’erogazione delle prestazioni sanitarie.

Cerchiamo di capire come funziona la CIE, cosa fare per evitare di farsela assegnare e come limitarne i danni.
Secondo l’art. 35 del DPR 445/2000 la carta d’identità non è un documento necessario. Può essere sostituita da altri documenti come il passaporto o la patente. Si può avere solo il passaporto e non la carta d’identità.
Come fare per evitare il rilascio della CIE


I Comuni sono obbligati a rilasciare il vecchio documento cartaceo nelle seguenti ipotesi:
– motivi di salute che impediscono al soggetto di recarsi presso gli uffici comunali;
– viaggio all’estero in data imminente;
– visita medica per accertamento invalidità in data vicina;
– partecipazione a concorsi pubblici in data imminente;
– consultazione elettorale.
Chi si trovi in una simile situazione può chiedere il rilascio del documento cartaceo a vista.

Quali sono i dati che la CIE deve contenere obbligatoriamente?
Ai sensi dell’art. 66, commi 3 e 4, del decreto legislativo 82/2005 (codice dell’amministrazione digitale) ci sono dati obbligatori e dati facoltativi che il richiedente può scegliere di non inserire nella CIE.
Dati obbligatori:
– i dati identificativi della persona, cioè nome, cognome, luogo e data di nascita
– il codice fiscale


Dati facoltativi, a richiesta dell’interessato:
– gruppo sanguigno,
– scelta se donare gli organi,
– dati biometrici primari (immagine del volto) e secondari (impronte digitali) con esclusione, in ogni caso, del DNA,
– numeri di telefono,
– indirizzi di posta elettronica.
È possibile che l’incaricato del rilascio della CIE vi dica che ai sensi del decreto ministeriale dell’8 settembre 2022 o dell’art. 3 TULPS (RD 773/1931) è necessario il rilascio dei dati biometrici. È falso. La norma di legge che regola la CIE (art. 66, commi 3 e 4, del decreto legislativo 82/2005) prevede solo i dati obbligatori indicati sopra per cui è lecito RIFIUTARE IL CONSENSO al rilascio degli altri dati.


In altri casi i funzionari dei Comuni hanno fatto presente che secondo il Regolamento UE 2019/1157 il rilascio delle impronte digitali sarebbe obbligatorio. Non è così. Il Regolamento 2019/1157 si riferisce alle CIE per la circolazione nell’UE. Pertanto, in caso di rifiuto di rilascio delle impronte digitali il Comune rilascerà una carta d’identità non valida per l’espatrio. Inoltre, il Regolamento 2019/1157 prevede che i dati biometrici siano inseriti solo nella tessera consegnata al cittadino e che debbano essere cancellati dall’amministrazione entro 90 giorni dal rilascio della CIE.

Il Comune non può conservare i dati biometrici primari (immagine del volto) e secondari (impronte digitali) che rimangono solo sulla tessera consegnata al cittadino.
Attivazione della CIE
La CIE, per diventare un documento di identità digitale, deve essere attivata con un’applicazione per telefonia mobile oppure dal sito dedicato gestito dal Ministero dell’Interno. Se non attiviamo volontariamente la CIE questa sarà valida come documento di identità e per l’espatrio senza diventare un documento elettronico e non ci sarà, quindi, nessuna differenza con il vecchio formato cartaceo.

Fonte: Oasisana

Inter

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