Super filtri
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Super filtri di grafene per depurare l’acqua

Già da anni, dal 2017 per l’esattezza, sono stati messi a punto super filtri per depurare l’acqua che impiegano fogli di ossido di grafene.

Ottenuti super filtri per depurare l’acqua e renderla potabile, tre volte più efficaci di quelli tradizionali grazie al materiale più sottile del mondo: il grafene.

Si tratta di sottilissimi fogli capaci di catturare contaminanti come principi attivi di farmaci, cosmetici e detergenti.

I super filtri si ottengono combinando fogli di ossido di grafene (Go) con membrane di un altro materiale chiamato polisulfone (Psu).

Pubblicato sulla rivista Nanoscale, il risultato è stato ottenuto dagli istituti del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) per la Sintesi organica e fotoreattività (Cnr-Isof) e per la Microelettronica e microsistemi (Cnr-Imm), in collaborazione con l’università svedese Chalmers.
Manuela Melucci e Vincenzo Palermo di Cnr-Isof, coordinatori del gruppo nell’ambito del progetto europeo Graphene Flagship, spiegano:

“Abbiamo realizzato filtri capaci di catturare contaminanti organici, molecole costituenti principi attivi di farmaci, cosmetici o detergenti che spesso non sono eliminati dai trattamenti convenzionali e che possono contaminare le acque della rete idrica”

La capacità di filtraggio del nuovo materiale è stata testata su campioni di acque contaminate con sostanze come il colorante rodamina, usato nell’industria tessile e farmaceutica, e principi attivi di antibiotici, antinfiammatori, colliri.
Le misure hanno confermato che le capacità di filtraggio del nuovo materiale superano di oltre tre volte quelle del materiale standard che contiene soltanto polisulfone.

Secondo Palermo, vicedirettore di Graphene Flagship, le eccellenti prestazioni sono dovute alla struttura dell’ossido di grafene: la disposizione a strati di questi foglietti, separati tra loro da distanze molto piccole che si possono controllare, è ideale per intrappolare le molecole contaminanti.
Le membrane, inoltre, rileva Melucci, “possono essere recuperate dopo l’uso, lavate con un solvente per rimuovere i contaminanti che hanno raccolto e usate nuovamente”

FONTE: ansa

Comunicato stampa del CNR
(Consiglio nazionale delle Ricerche)

Nano-fogli di grafene catturano nuovi contaminanti nell’acqua potabile

Messo a punto dai ricercatori degli Istituti per la sintesi organica e fotoreattività e per la microelettronica e microsistemi del Cnr un nuovo composito che rende più efficaci i filtri per rimuovere principi attivi di farmaci, cosmetici o detergenti presenti nella rete idrica e spesso non eliminati dai trattamenti convenzionali.

Tra le molte fragilità delle nostre risorse idriche vi è la presenza di nuove sostanze potenzialmente dannose che richiedono efficaci soluzioni per la depurazione.
I ricercatori dell’Istituto per la sintesi organica e fotoreattività (Cnr-Isof) e dell’Istituto per la microelettronica e microsistemi (Cnr-Imm) del Consiglio nazionale delle ricerche, in collaborazione con la svedese Chalmers University, hanno messo a punto una nuova tecnologia che impiega il grafene per potenziare le membrane filtranti polimeriche.
La rivista Nanoscale ha pubblicato la ricerca.

Manuela Melucci e Vincenzo Palermo di Cnr-Isof, coordinatori del team di ricercatori che ha svolto la ricerca nell’ambito del progetto europeo Graphene Flagship, spiegano:

“Combinando fogli di ossido di grafene (GO) con membrane di polisulfone e derivati (PSU) abbiamo realizzato filtri capaci di catturare contaminanti organici, molecole costituenti principi attivi di farmaci, cosmetici o detergenti che spesso non sono eliminati dai trattamenti convenzionali e che possono quindi contaminare le acque della rete idrica”.

La capacità di filtraggio del nuovo materiale GO-PSU è stata testata dai ricercatori su campioni di acque contaminate con sostanze quali la rodamina, colorante molto usato in campo tessile e farmaceutico, l’antibiotico ofloxacina e l’antinfiammatorio diclofenac, principi attivi presenti in decine di colliri, compresse, pomate.

Vincenzo Palermo del Cnr-Isof e vicedirettore di Graphene Flagship, dichiara:

“Queste molecole fanno parte dei cosiddetti inquinanti emergenti – farmaci, pesticidi, detergenti e fragranze varie – individuati recentemente nelle acque potabili e oggetto di attenzione per i possibili rischi per la salute e l’ambiente, tanto da richiedere la revisione della direttiva europea sull’acqua potabile attualmente al vaglio della UE.
Le misure hanno confermato che le performance di filtraggio delle membrane di polisulfone addizionato con ossido di grafene superano di oltre tre volte quelle del materiale standard contenente solo polisulfone.
Le eccellenti prestazioni sono dovute alle proprietà uniche dei materiali bidimensionali, in particolare alla struttura dell’ossido di grafene: la disposizione a strati di questi foglietti, separati tra loro da distanze nanometriche che possiamo controllare, è ideale per intrappolare le molecole contaminanti e più efficiente di quella di classici filtri tridimensionali”.

La tecnica sviluppata dai ricercatori è una novità già protetta da una domanda di brevetto internazionale.

Manuela Melucci del Cnr-Isof commenta:

“Tutto il procedimento si svolge in acqua, senza l’uso di solventi chimici e utilizza le microonde per immobilizzare stabilmente i foglietti di grafene sul polimero”
“Poiché qualsiasi materiale per la depurazione delle acque non deve rilasciare ulteriori contaminanti nell’acqua filtrata, è infatti essenziale che gli additivi usati per potenziare le membrane siano immobilizzati in maniera stabile. I test eseguiti inserendo il composito GO-PSU in cartucce filtranti commerciali hanno confermato la grande stabilità del nuovo materiale che non presenta rilascio di grafene nelle acque trattate, nei limiti di rivelabilità analitici disponibili”.

I vantaggi del nuovo materiale non finiscono qui.

I ricercatori concludono:

“Le membrane GO-PSU possono essere recuperate dopo l’uso, lavate con un solvente specifico per rimuovere i contaminanti che hanno raccolto e impiegate nuovamente”.
“Inoltre, la tecnica per addizionare l’ossido di grafene può essere applicata anche a scarti della produzione industriale di membrane in polisulfone, riutilizzando residui di processo altrimenti da smaltire e abbattendo i costi.
Infine, sfruttando la possibilità di funzionalizzare chimicamente il grafene, si potrebbero creare membrane che filtrino solo determinati inquinanti di specifico interesse”.

FONTE: CNR

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