Ospedali al collasso
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Non era tutta colpa del Covid e dei no vax….. Per due anni hanno coperto le magagne dando la colpa prima al virus e poi ai no vax. Ma oggi la verità viene a galla: il sistema non regge anche in assenza di ricoveri da contagio. Peccato che i medici lo dicano solo ora.

Le vere cause

Allora non era tutta colpa del Covid e dei no vax. Il sindacato dei medici ospedalieri parla di «ospedali al collasso» e lancia l’allarme sulla carenza di personale, posti letto e finanziamenti. Difficoltà strutturali, per nascondere le quali è stato usato il capro espiatorio della pandemia e dei renitenti alle dosi. Anche i medici sembrano accorgersi che, se gli ospedali sono al collasso, la colpa non è dei non vaccinati che avrebbero riempito reparti e terapie intensive. La questione, annosa ed esplosa con l’emergenza Covid, è quella di una sanità in agonia, con posti letto e personale drasticamente ridotti ma che in due anni di lockdown e green pass ha assecondato le norme restrittive e spesso dannose del ministro della Salute, Roberto Speranza, senza fare fronte comune nelle richieste di interventi risolutori.

Le bugie vengono sempre a galla….

Abbiamo dovuto aspettare la venticinquesima edizione del congresso di Anaao Assomed, il sindacato dei medici ospedalieri, in corso a Napoli, per ascoltare l’appello del segretario uscente, Carlo Palermo, che invoca «misure straordinarie per evitare il collasso dell’intera sanità ospedaliera» e «un aumento della spesa corrente per un adeguamento degli organici, sia in pronto soccorso che nei reparti, insieme con l’aumento dei posti letto ordinari». Tutte necessità arcinote, denunciate ogni tanto da camici bianchi o reparti in apnea di personale, ma quasi sempre ricondotte alla situazione provocata da refrattari al vaccino, che si contagiavano, infettavano e finivano pure intubati, nella narrazione alimentata in più di 24 mesi di stato di emergenza.

Non è così, lo sapevano tutti, dai direttori della singola azienda sanitaria ai primari, costretti a moltiplicare i turni, a prendere medici da cooperative esterne perché molti li avevano sospesi, a dire no a istanze di malati che non fossero per Covid. Eppure, questa richiesta ad alta voce non è stata fatta prima del 31 marzo, quando è cessato l’allarme legato al virus. Perché i sette punti per invertire la rotta, partendo dal miglioramento delle condizioni del lavoro ospedaliero e dalla costruzione di un sistema «che privilegi, anche per la carriera, i valori professionali rispetto a quelli organizzativi e aziendali», non sono stati presentati quando si istituivano le zone rosse e si segregavano i cittadini non vaccinati?

Le denunce dei sindacati

Pochi giorni fa, su Quotidianosanità.it, il nuovo presidente nazionale Anaao, Costantino Troise, era intervenuto con alcune riflessioni. «Finito il tranquillizzante contratto a tempo indeterminato, per riempire corsie vuote quanto le culle, si ricorre a medici in affitto come un bilocale, medici pensionati portati alla fonte della giovinezza, medici a gettone, medici reclutati a Timisoara come fosse Harvard, medici e basta, dissolto il capitale formativo costituito dalla specializzazione», protestava il neo eletto. Lo dichiara adesso, poteva farlo anche prima, indipendentemente dal ruolo che è stato chiamato a ricoprire.

La denuncia del sindacato dei medici ospedalieri avrebbe contribuito a fare chiarezza su che cosa non funziona nella sanità – e non certo perché pochi milioni di italiani non hanno offerto il braccio. «L’attacco al modello ospedale centrico è diventato attacco al lavoro negli ospedali, tagliando i letti per tagliare i medici», ha fatto sapere Troise. «E riducendo gli ospedali a quinte teatrali, fino a livelli organizzativi “minimi”, che non riescono a fare di un ospedale un ospedale, ancorché in regola con le normative antisismiche e arredati con attrezzature moderne, grazie ai soldi del Pnrr»

Le menzogne di Draghi


Il nuovo segretario punta il dito: «Dalla deospedalizzazione si passa alla ospedalectomia. L’allungamento delle liste d’attesa e il sovraffollamento dei Ps sono espressione di una crisi di sistema, simbolo del fallimento di politiche sanitarie recessive, dramma quotidiano che cittadini e medici devono affrontare su fronti opposti. L’ospedale è diventato un luogo dove è difficile entrare, ma ancora più difficile uscire». Lo si scopre adesso? Dov’erano questi medici, quando la congestione dei reparti veniva attribuita a cittadini che non davano retta alle parole del premier Mario Draghi? «Non ti vaccini, ti ammali, muori. Oppure fai morire. Non ti vaccini, contagi, lui o lei muoiono», affermò lo scorso luglio, difendendo il green pass che, sosteneva, «non è un arbitrio».

Altro che emergenza da non vaccinati, basta ascoltare come protestano le associazioni dei malati oncologici e di quanti fanno volontariato tra i pazienti con tumori, davanti allo sfascio delle cure assistenziali e ai tagli del nuovo piano, appena trasmesso alla Conferenza Stato Regioni. Favo e Aimac hanno subito scritto al ministro della Salute, lamentando l’assurdità di eliminare l’esenzione temporanea dal ticket per sospetto diagnostico, che riduce a una farsa la prevenzione.

Eppure è lo stesso documento ministeriale che, in riferimento al forte calo di screening effettuati, dichiara: «Una stima delle lesioni che potrebbero subire un ritardo diagnostico in mancanza del recupero dei ritardi generatesi a causa della pandemia si attesta intorno a 3.300 carcinomi mammari, 2.700 lesioni Cin 2+ (neoplasia cervicale intraepiteliale moderata o grave, ndr), 1.300 carcinomi coloreali e 7.400 adenomi avanzati». Il ministero abbozza piani privi di concretezza. «Mancano le risorse», tuonano malati e volontari, chiedono indicazioni chiare, tempistica, serietà della programmazione.

Fonte: LA PEKORA NERA

Inter

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