Raffineria di Priolo
Se ti piace l'articolo, condividilo

Così la Russia evita le sanzioni
grazie alla raffineria siciliana di Priolo

Il petrolio che arriva dalla Russia all’impianto gestito da Isab (controllata dalla russa Lukoil) rende l’Italia uno dei paesi europei che più finanziano la guerra di Putin in Ucraina.
Ma le sanzioni dell’Unione Europea ci mettono di fronte a una scelta, con una data da tenere d’occhio, il 7 novembre.
Le strade che può percorrere il governo Meloni sono due, ma il tempo è quasi terminato

La raffineria di Priolo Gargallo è la più grande d’Italia e gestisce il 20 per cento della raffinazione nazionale. Ha un problema: è controllata indirettamente da un’azienda russa, la Lukoil, in un periodo in cui le aziende russe hanno forti limitazioni nel mercato europeo a causa delle sanzioni decise dall’Unione europea dopo l’invasione dell’Ucraina.
Dopo aver quasi azzerato le importazioni di gas dalla Russia, l’Italia ha continuato a finanziare la guerra di Putin in Ucraina con le importazioni di petrolio.
Le sanzioni dell’Unione Europea stanno per eliminare anche questa fonte russa di arricchimento, mettendo però a rischio lo stabilimento siciliano e i suoi lavoratori, con impatti a cascata di rilevanza nazionale vista l’importanza dell’impianto.
Il nuovo governo Meloni ha due strade da percorrere per mettere a fine a questo paradosso. 

Perché è importante
la raffineria di Priolo

La raffineria di Priolo Gargallo è la più importante d’Italia.
È gestita da Isab, azienda controllata al 100 per cento dall’azienda svizzera Litasco Sa, che a sua volta è di proprietà dell’azienda russa Lukoil, la più grande società petrolifera privata russa.
La raffineria di Priolo è responsabile del 20 per cento del volume di raffinazione italiano con circa 10 milioni di tonnellate annue, che possono arrivare a un massimo di 14, e ha circa mille dipendenti.
Indirettamente, l’azienda dà lavoro ad altre 2mila persone circa che, se consideriamo tutta l’area industriale di Siracusa a cui l’azienda è connessa, arrivano ad essere diecimila.

Secondo i dati finanziari dell’azienda, il volume finanziario generato in Sicilia è di circa 600 milioni di euro l’anno, mentre tutta l’area industriale vale il 51 per cento del Pil della provincia di Siracusa. È lampante che una potenziale chiusura dell’impianto avrebbe esiti disastrosi per l’economia siciliana, con effetti a cascata sul Sud Italia e gli approvvigionamenti di greggio in Italia.

Cosa è successo con il petrolio russo

La raffineria di Priolo ha sempre lavorato un mix di petrolio proveniente da varie parti del mondo, di cui per il 30-40 per cento dalla Russia.
Da febbraio in poi, da quando l’invasione dell’Ucraina ha spinto l’Unione europea ad adottare delle sanzioni sull’economia russa, la situazione è cambiata.
Anche se all’inizio le sanzioni non riguardavano il settore energetico e Lukoil, le banche hanno tagliato ugualmente le linee di credito all’Isab per overcompliance, ossia per un eccesso di cautela ed evitare così ogni potenziale problema che potesse derivare dalla collaborazione con una società controllata dai russi.

Di conseguenza la raffineria ha dovuto fare affidamento esclusivamente sulle forniture di greggio della società madre, la Lukoil controllata dallo stato russo, provocando un aumento senza precedenti delle importazioni di petrolio dalla Russia in un periodo in cui si sarebbero dovute diminuire.

Priolo ha fatto raddoppiare
le importazioni dalla Russia

I prodotti petroliferi sono gli unici combustibili fossili per cui la Russia non è il primo fornitore dell’Italia, che importa da cinque paesi i due terzi del suo fabbisogno nazionale di petrolio: Azerbaigian, Libia, Russia, Iraq e Arabia Saudita. Nel 2021 la Russia ha contribuito alle forniture italiane di petrolio per il 12 per cento.

Prima della guerra in Ucraina, alla raffineria di Priolo controllata dalla russa Lukoil arrivavano 150mila barili al giorno.
Gli ultimi dati elaborati da Today mostrano che questa quantità è più che raddoppiata, passando a 320mila barili al giorno a fine settembre.
Secondo i dati dell’Unem (Unione energie per la mobilità) nei primi otto mesi del 2022 l’import di petrolio dalla Russia è aumentato di quasi il 140 per cento rispetto allo stesso periodo del 2021, rendendo l’Italia uno dei paesi che più paga la Russia per il suo petrolio.

Questa situazione si verifica in un momento storico in cui l’Europa e i paesi del G7 hanno diminuito drasticamente, se non azzerato, le importazioni di petrolio russo per evitare di finanziare la guerra di Vladimir Putin in Ucraina.
La differenza tra febbraio e settembre è lampante: l’Italia ha più che raddoppiato le importazioni di petrolio dalla Russia, diventando il quarto importatore mondiale di greggio russo dopo India, Cina e Turchia.

Le implicazioni non sono solo locali

Le sanzioni dell’Unione Europea nei confronti della Russia inizieranno il 5 dicembre.
Le conseguenze dirette per l’economia siciliana sono gigantesche: la raffineria di Priolo dà lavoro a circa 3 mila dipendenti, tra dipendenti diretti e indotto.
Tuttavia, i lavoratori coinvolti da un potenziale stop potrebbero essere decisamente di più visto che la raffineria Isab Lukoil fa parte di un grosso polo industriale interconnesso che da solo vale l’8 per cento del Pil della Sicilia.

Ma le possibili ricadute superano il contesto regionale.
La raffineria di Priolo garantisce il 20 per cento della raffinazione nazionale e il 18 per cento del fabbisogno elettrico della Sicilia.
Se si fermasse mancherebbe il 40 per cento dei carburanti presenti in Sicilia e una quota considerevole anche nelle altre regioni, soprattutto al Sud.
La conseguente riorganizzazione della logistica avrebbe un effetto a cascata su tutta la filiera nazionale, con un periodo di scarsità delle scorte con un conseguente aumento dei prezzi.

Tuttavia, le sorti della raffineria di Priolo si decideranno già prima del 5 dicembre.
Il 7 novembre ci sarà l’ultima possibilità di ordinare petrolio russo prima dell’entrata in vigore dell’embargo sui prodotti energetici russi.
Il 6 dicembre è una data convenzionale, perché per arrivare allo spegnimento degli impianti bisognerebbe cominciare molto prima.

Cosa vuole fare il governo

Per sbloccare la situazione, uno dei primi provvedimenti del Ministero dell’Economia e delle finanze (Mef) ora presieduto da Giancarlo Giorgetti, insieme a quello delle Imprese e del Made in Italy di Adolfo Urso, ha riguardato il rapporto tra le banche e Lukoil: il Comitato per la sicurezza finanziaria del Mef ha rilasciato una comfort letter, una rassicurazione ufficiale rivolta alle banche per specificare che Isab e Lukoil non sono interessate dalle sanzioni dell’Unione Europea alle aziende russe.

Il nuovo governo Meloni spera che questa rassicurazione convinca le banche a riaprire le linee di credito nei confronti della raffineria, per poter così acquistare il petrolio sul mercato internazionale emancipandosi dalle forniture russe.

Il ministro Urso ha detto:

“Il primo provvedimento è già avvenuto con una lettera inviata all’azienda da parte della unità per la sicurezza finanziaria del Mef.
Ebbene, quella lettera ha già certificato che l’azienda in questione non è più sottoposta a sanzioni, quindi può operare sul mercato internazionale.
Sono fiducioso di raggiungere l’obiettivo in tempo per consentire all’azienda di Priolo di operare anche dopo la scadenza del 7 novembre, data, al momento, ultima per consentire all’impresa di fare ordini di petrolio dalla Russia”.

Ma ci sono anche altre ipotesi in ballo: nelle ultime settimane si è parlato parecchio anche di un potenziale ruolo di Sace, una società per azioni controllata dal Mef, che potrebbe aiutare Isab e Lukoil con le garanzie finanziarie sui mercati.

Il ministro Urso però ha detto che

“sul ruolo di Sace dobbiamo parlare a cose fatte. Tutte le ipotesi possibili sono in campo”

L’ultima spiaggia sarebbe quella di un intervento diretto dello Stato per rilevare la raffineria: ma ci vorrebbe tempo per una trattativa che porterebbe alla rilevazione di un impianto che fattura 5 miliardi di euro l’anno, e quello rimasto per salvare le migliaia di lavoratori a rischio è quasi terminato.

FONTE: today

Lukoil
Tag: