Cop28 Nazioni Unite - cambiamenti climatici
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Il 30 novembre si è aperta a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop28).
È il ventottesimo incontro fra i paesi firmatari della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, il trattato frutto degli accordi di Rio del 1992 che segnarono l’inizio degli sforzi coordinati a livello internazionale per limitare le emissioni di gas serra e il riscaldamento globale.

Il processo è cominciato formalmente nel 1995 a Berlino con la prima conferenza delle parti e, due anni dopo, ha prodotto il protocollo di Kyoto, che per la prima volta prevedeva un impegno a ridurre le emissioni.
Ma è stato solo con gli accordi di Parigi, conclusi alla Cop21 nel 2015, che i firmatari si sono dati degli obiettivi precisi: limitare l’aumento della temperatura media globale “ben al di sotto” di due gradi in più rispetto al periodo preindustriale (1850-1900) e possibilmente a meno di 1,5 gradi, la soglia oltre la quale – secondo il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) – le conseguenze del riscaldamento metteranno a rischio la vita degli esseri umani e la stabilità degli ecosistemi.

Per rispettare questo obiettivo le emissioni globali di gas serra avrebbero dovuto essere dimezzate entro il 2030, e gli stati firmatari si impegnavano a farlo attraverso un sistema di contributi determinati a livello nazionale (Ndc), piani non vincolanti con cui ogni governo doveva indicare la sua quota di riduzione e le misure con cui intendeva raggiungerla.

Cop28 – Nazioni Unite – cambiamenti climatici:
il verdetto ufficiale sarà negativo

Alla conferenza di Dubai il progresso verso questa meta sarà valutato formalmente per la prima volta attraverso il cosiddetto global stocktake, la verifica del rispetto degli Ndc e della loro adeguatezza rispetto agli obiettivi stabiliti a Parigi.
Non c’è bisogno di aspettare il verdetto ufficiale per sapere che sarà negativo.
Secondo il rapporto presentato dalle Nazioni Unite prima della conferenza, nel complesso i piani dei governi sono ancora gravemente insufficienti: anche se fossero tutti applicati, il riscaldamento arriverebbe comunque a quasi tre gradi.

A Dubai, quindi, i paesi firmatari saranno invitati a presentare piani molto più ambiziosi entro il 2025, ma è improbabile che questo avvenga, anche perché alla conferenza mancheranno i leader dei due paesi con le più alte emissioni: la Cina e gli Stati Uniti.

Biden, che aveva avuto un ruolo di primo piano alle altre due conferenze svoltesi durante il suo mandato, si è giustificato sostenendo che la sua agenda è già sovraccarica, in particolare a causa del conflitto israelo-palestinese.
Ma secondo molti osservatori la verità è che il presidente ha preferito non esporsi per non evidenziare la contraddizione tra il suo impegno dichiarato nella lotta al cambiamento climatico e i suoi interessi elettorali in vista delle presidenziali del 2024.
Biden teme di alienarsi gli statunitensi spaventati dall’aumento dei prezzi dell’energia, e per contrastarlo negli ultimi mesi ha incentivato l’espansione della produzione di gas e petrolio, scatenando l’ira degli ambientalisti.

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difficile revisione al rialzo degli obiettivi

Lo stesso timore si ritrova in diversi governi europei, che recentemente hanno fatto marcia indietro su alcuni punti chiave del green deal. Finché l’inflazione e la crisi energetica non rientreranno, quindi, è difficile aspettarsi una significativa revisione al rialzo degli obiettivi.
Ed è improbabile che la presidenza della Cop28 si batta con decisione per ottenerla.
La scelta di affidare l’organizzazione di un appuntamento così importante a uno dei principali paesi petroliferi, che ha in programma di espandere significativamente la sua produzione nei prossimi anni, ha suscitato fin dall’inizio forti perplessità, ulteriormente aggravate dalla nomina di Sultan al Jaber, amministratore della compagnia petrolifera di stato, alla presidenza dell’incontro.
Il presidente è stato ulteriormente screditato alla vigilia della conferenza, quando la Bbc ha pubblicato dei documenti riservati da cui emerge che aveva intenzione di approfittare dell’evento per discutere di nuovi progetti di estrazione con alcuni paesi partecipanti.

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Cosa ci si può aspettare

Il massimo che ci si può aspettare in tema di riduzione delle emissioni, quindi, è che la conferenza sottoscriva ufficialmente l’impegno ad accelerare la transizione energetica triplicando la capacità installata di fonti rinnovabili entro il 2030, come chiesto dal segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres.
Secondo gli esperti è un obiettivo realizzabile, alla luce del calo dei costi del solare e dell’eolico e del rapido progresso dei megaimpianti in costruzione in Cina, ma richiederà un forte aumento degli investimenti pubblici.

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FONTE: Internazionale

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